Mussolini il rivoluzionario: 1883-1920 by Renzo De Felice

Mussolini il rivoluzionario: 1883-1920 by Renzo De Felice

autore:Renzo De Felice [Felice De, Renzo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Political Science, Political Ideologies, Fascism & Totalitarianism
ISBN: 9788806139902
Google: 3nR9AAAACAAJ
editore: Einaudi
pubblicato: 1995-10-15T03:25:02+00:00


XI. Caporetto

24 ottobre 1917 - agosto 1918

1. Dalla disfatta al “miracolo del Piave”

La mattina del 24 ottobre 1917 l’esercito austriaco passò decisamente all’offensiva contro le nostre posizioni a nord di Tolmino travolgendole sia in prossimità di questa località sia nella conca di Plezzo. La gravità della situazione fu subito evidente.

Già al mattino del 25 - scrive il Pieri(1) - si era aperta una falla paurosa; crollavano tutte le difese non solo sulla sinistra dell’Isonzo, ma sulla destra, e gli AustroTedeschi da Tolmino già si erano affacciati alle testate delle convalli convergenti verso Cividale del Friuli.

Le fasi successive della battaglia sono troppo note perché le si debbano qui ricordare. Il fronte dell’Isonzo, minacciato di aggiramento, crollò completamente. Il 28 gli austriaci erano ad Udine; lo stesso giorno Cadorna diramava il famoso bollettino che a Roma si cercò invano di modificare, per tentare di limitarne gli effetti psicologici negativi. Dimostratasi vana la speranza di fermare il nemico sul Tagliamento, il comando supremo si vide costretto ad ordinare la ritirata sino dietro il Piave. Nella ritirata, che più di una volta assunse il carattere di una rotta, il nostro esercito perse quasi la metà dei suoi effettivi combattenti: 40 mila furono i morti e i feriti, 280 mila i prigionieri, 350 mila gli sbandati, senza dire delle perdite di materiale (3150 cannoni, 1700 bombarde, 3000 mitragliatrici, ecc.). Il 9 novembre, mentre veniva completata la ritirata dietro il Piave, Cadorna lasciava il comando dell’esercito e veniva sostituito da A. Diaz(2). Al riparo del Piave e del Grappa il nostro esercito produsse uno sforzo mirabile, riuscendo, contro l’aspettativa di molti, a bloccare definitivamente l’offensiva nemica. Al “miracolo” militare del Piave corrispose un analogo “miracolo” interno. Il Monticone, nel suo studio sulla battaglia di Caporetto, ha bene colto questo secondo aspetto del “miracolo” del Piave(3): “La popolazione italiana, colta da un grande stupore e dolore, sentì che la guerra diventava lotta per la libertà della Patria, per la tutela delle famiglie, dei beni di ciascuno e di tutti”. Emerse un nuovo entusiasmo, “ma non era più una minoranza idealista [interventista] quella che si agitava, era tutto il popolo italiano unito”:

Proprio questa scossa data dall’avanzata austro-tedesca convertì la posizione dell’Italia nel conflitto mondiale: da Paese impegnato per ideali di unità nazionale e di raggiungimento dei confini naturali, essa divenne Paese lottante per la propria esistenza stessa: quella condizione un po’ incerta e speciale all’inizio delle ostilità venne di colpo annullata: ecco perché la guerra doveva cambiare e cambiò aspetto.

Cambiamenti notevoli si ebbero sul piano della direzione tecnica della guerra, della propaganda verso i reparti czechi, polacchi, jugoslavi inquadrati nell’esercito austro-ungarico e soprattutto di un più moderno e realistico modo di intendere e sostenere psicologicamente la massa dei soldati combattenti. I problemi morali e materiali di questi ultimi erano stati sino a Caporetto o ignorati o affrontati in maniera gretta, caporalesca o, nel migliore dei casi, paternalistica; una maniera adatta, forse, a dirigere un vecchio, piccolo esercito di mestiere, ma non certo un grande esercito moderno che riproduceva



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