Nella polvere by Lawrence Osborne

Nella polvere by Lawrence Osborne

autore:Lawrence Osborne [Osborne, Lawrence]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2021-07-14T16:00:00+00:00


«Non so perché» stava dicendo Lord Swann «ma il kif di qui è più forte che in Tunisia. Maribel ha detto che le fa venire le allucinazioni. Dicky, secondo me hai qualcuno che te lo coltiva su in collina».

«Non rivelerò nulla».

Il lord fece un’espressione estatica e le ragazze intorno a lui, che avevano un terzo dei suoi anni, si misero tutte a ridere e si munirono dei rispettivi accendini.

«Capito, signorine? È un bel birbante questo qui. Sono anni che io e Dicky giochiamo a ping-pong all’Athenaeum e che mi straccia».

Sedevano in cerchio all’altra estremità della casa su cuscini tribali quadrati, con bicchieri di metallo di sorbetto al mandarino e cantucci. I mangiafuoco se n’erano andati a fumare con i camerieri e la festa era diventata amorfa e scoordinata come piaceva a Richard, che ne teneva d’occhio l’evoluzione ma interveniva direttamente di rado. Appoggiò la schiena e guardò le stelle luminose. Sembravano avvicinarsi alla terra anziché prenderne le distanze. Pensò con calma a Jo e alle sue condizioni mentali. Se la stava cavando? E David viaggiava senza fine nel deserto, e lui gli aveva mentito su tutto, ma era stato necessario. Senza qualche eufemismo lo stupido non sarebbe mai partito.

«Mi hanno detto che ieri sera c’è stato un incidente» gridò l’invadente Swann. «Che c’è stato un ferito. Mi sono perso qualcosa?».

Richard spiegò.

«Ah» disse il lord. Disteso sulla schiena, aspirò il fumo del kif. Gli stivaletti erano diritti come piccole lapidi nere. «Solo i matti e gli inglesi vanno a spasso sotto la luna».

«Non era mai successo» disse inutilmente Richard.

Si parlava delle sue feste sui blog di tutta Europa, sulle riviste patinate, qualche volta sul «New York Times», e non voleva vederle rannuvolate da una cattiva reputazione.

«Dov’è lo stolto?» si informò il lord.

«L’abbiamo mandato a morire nel deserto».

Una risatina nobile. «Certo. Giustissimo».

Richard scavò nel sorbet e disse freddamente: «È stata una situazione un po’ così. Avrà scambiato il freno per l’acceleratore».

«L’ho avuto, un autista di quel genere. L’ho fatto uccidere anch’io».

Una ragazza rotonda e languida con enormi orecchini tribali si distese su un fianco e si scostò dagli occhi un mucchietto di capelli quasi bianchi.

«Vedo rettili enormi dappertutto» mormorò.

«Smetti subito di fumare, Maribel».

«Daddy, tu sei un rettile enorme».

Il lord si mise a ridere. «Questa qui è un personaggio. Vede di tutto, anche con rum e Coca-Cola».

«Io vedo dei pinguini che vanno ai granai».

«Per quanto mi riguarda» biascicò Richard «questa roba non mi fa vedere niente. Mi rende solo infedele. Forse ho una mente mediocre».

Il lord sospirò e incrociò le lapidi.

«Tu, Maribel, sei infedele?».

«No, se ci sono tutti questi rettili».

Il lord fece l’occhiolino a Richard. «Vedi? Che cazzo li hai portati a fare?».

Richard fumava più lentamente degli altri, con quella moderazione misurata che aveva imparato dai suoi amanti marocchini. Ne aveva meno di Dally ma sceglieva uomini che potessero insegnargli qualcosa. Perciò gli avevano insegnato a dormire correttamente, a stare disteso su un fianco, a mangiare con una mano, a essere tranquillo, a fumare senza agitarsi. A essere lento.

Non sballava; si permise soltanto di frenare, essere melassa che cola da un cucchiaio.



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