Novella politica by Bruno Frank

Novella politica by Bruno Frank

autore:Bruno Frank [Frank, Bruno]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Keller
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


* Quattro modi per dire: dovere, volere, potere, in diverse sfumature. Le tre parole precedenti: avere, essere e divenire. n.d.t.

** Il riferimento è al filosofo Friedrich Nietzsche. n.d.t.

*** Nella traduzione di Andrea Casalegno, da: Johann Wolfgang Goethe, Faust-Urfaust, Garzanti, Milano 1995. n.d.t.

9

Di sopra non avevano finito. Il posacenere sul tavolo era quasi colmo dei resti delle sigarette di Achille Dorval. Fuori s’era fatto silenzio. Una brezza rinfrescante penetrava nella stanza. Sulla superficie del mare s’intravedeva un lieve chiarore verde. Dal piccolo orologio sopra il camino, un brutto oggetto in bronzo, rintoccò tremula la quarta ora della notte.

Avevano cominciato da un pezzo a parlare dei temi più concreti e più urgenti. Procedevano a fatica. Quasi ogni passo era minacciato da trappole e inciampi autolesionisti. Pareva che attraversassero una foresta, una fitta selva di pregiudizi; un debole avrebbe lasciato cascare le braccia, dubitando di poter mai più rivedere la luce del sole.

Per un’ora si era discusso di questioni frontaliere, di modifiche ai confini orientali della Germania, problemi su cui la pubblica opinione, maldisposta un po’ ovunque, usava schiamazzare in toni astiosi. Era stato difficile parlarne.

E ancor più difficile parlare dell’occupazione della Renania. Gli zelanti custodi della pubblica opinione s’industriavano senza sosta perché quest’immagine stucchevole continuasse a marchiare le carni dei tedeschi come un’ignominia, e perché in Francia una parte del popolo vi si aggrappasse, ritenendo irrinunciabile che lo stivale della cavalleria rimanesse ben calcato nel suolo germanico.

Si dovette discutere delle riparazioni, ritornando più volte e nei dettagli sulle quote annuali, le frequenze e modalità dei pagamenti, sebbene il quadro dell’economia, nel continente e nel mondo, mutasse in misura notevole da un anno all’altro, e nessuna persona nel pieno delle proprie facoltà mentali potesse credere che tale tributo andasse fissato a lungo termine, indipendentemente dai futuri sviluppi politici, del tutto impenetrabili.

«È tutta una questione di fiducia» disse Carmer. «Per lo sconfitto, sottoposto a così dure condizioni, è particolarmente difficile sviluppare fiducia. Che cosa avverrà se oggi cominciamo a parlare di accordo, di amicizia? ‘E il Corridoio?’* grideranno da noi: ‘E i soldati a Magonza? E i nostri debiti, altissimi, interminabili?’ Voi stessi non ci avete reso agevole poter parlare di pace. È arduo, davvero, farsi capire!»

«Non c’è maggior pericolo per un politico» disse Achille Dorval strascicando le parole «che mettersi a calcolare in anticipo tutte le critiche, tutte le ostilità a cui andrà incontro. Questo pesa, e frena, enormemente. Con un simile fardello, Carmer, non riusciremo a marciare uniti fino a riveder la luce… Pace» continuò, «pace è una parola ben strana. Quando uno dice pace, di solito non c’è nessuno che lo contesti. Si tende ad acconsentire, ci si rivolge a lui in tono rispettosamente sommesso, come si fa con un infermo. E in fondo tutti pensano: questo è un cretino con una patetica fissazione».

«Oh, per lei è più facile!»

«Ah sì, è più facile? Ha una vaga idea di che cosa pensano di me i nostri campioni della Realpolitik, i nostri esperti? Indietro, indietro le lancette! E chi si oppone va schiacciato, col famoso stivale.



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