Parole difficili by Cristina Cacciari;

Parole difficili by Cristina Cacciari;

autore:Cristina, Cacciari; [Cacciari, Cristina ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Psicologia, Saggi
ISBN: 9788815410412
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2023-08-15T00:00:00+00:00


5.2. Metafore del dolore e della malattia

Come sostiene Biro [2012], quando abbiamo di fronte qualcosa difficile da concettualizzare, «Dio, ad esempio, o un problema complicato e ancora irrisolto nella scienza, facciamo affidamento alla metafora. Parlando di ciò che non sappiamo nei termini di qualcosa che conosciamo, la metafora rimpiazza l’assenza con la presenza. Illumina aspetti dell’esistenza che sarebbero altrimenti rimasti oscuri, da un’esperienza personale come il dolore al credere in Dio alle teorie scientifiche su come il mondo oggettivo funziona» [ibidem, 2].

La somiglianza figurata svolge una funzione importante non solo per colmare le lacune del linguaggio letterale, ma anche perché attraverso la metafora possono emergere proprietà del dolore che non erano esplicitamente veicolate dagli aggettivi o verbi con cui ne parliamo, se presi singolarmente. Questo perché la metafora porta con sé una riconcettualizzazione dell’esperienza del dolore e del suo impatto. Una metafora non serve infatti a dire figurativamente qualcosa che potrebbe altrettanto bene essere detta letteralmente. Questa figura retorica serve a dire qualcosa di diverso e più complesso di quello che si direbbe attraverso una sua parafrasi letterale (se davvero esistesse). In generale il linguaggio figurato, e in specifico la metafora, è particolarmente adatta a trasmettere contenuti affettivi: usiamo metafore per descrivere i nostri sentimenti, soprattutto quelli più intensi, per dare maggiore tonalità emotiva alle interazioni sociali e aumentare la vicinanza interpersonale e per migliorare la nostra capacità di individuare gli stati mentali ed emotivi altrui. Inoltre la metafora permette di esprimere ciò che resta relativamente inesprimibile dal linguaggio letterale, serve per comunicare in modo più compatto (sovente una parola o poco più) un fascio di proprietà, il che la rende al contempo uno strumento cognitivamente economico ma anche foriero di ambiguità [Ortony 1979]. Sembra essere più adeguata del mero linguaggio letterale per trasmettere l’esperienza affettiva in quanto più facilmente evoca immagini e associazioni e può suscitare una risonanza empatica [Cacciari 1991].

Prendiamo, ad esempio, le parole del protagonista bambino di un racconto di Massimo Gramellini e proviamo a parafrasare letteralmente l’espressione metaforica in corsivo: «Sentii lo stesso dolore che avevo provato nella stanza dei lupetti […]. Un cucchiaio di ghiaccio che mi penetrava nella pancia per svuotarmela tutta. Quell’ombra di morte da cui ero scappato tutta la vita» [Gramellini 2012, 120]. Benché sia chiaramente percepibile l’intensità e la dirompenza del dolore che l’autore intende trasmettere, una parafrasi letterale della frase sembra quasi impossibile, a meno di non accontentarsi di un lungo, inutile e noioso elenco di aggettivi. Certamente le parole evocheranno un’immagine mentale abbastanza dettagliata e forsanche un sentimento di condivisione emotiva col dolore del protagonista.

Ma che cos’è una metafora? In realtà quando ne incontriamo una, la sappiamo riconoscere, il che implica che abbiamo una qualche nozione più o meno strutturata di cosa possa essere. Come sosteneva il filosofo Davidson [1978], quando le persone esitano di fronte a una frase contenente una metafora non è perché non la riconoscano, ma piuttosto perché stanno decidendo quale sia l’interpretazione più appropriata [Cacciari e Canal 2023]. Come aveva scritto argutamente Eco qualche anno



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