Partenopeo in esilio by Riccardo Pazzaglia

Partenopeo in esilio by Riccardo Pazzaglia

autore:Riccardo Pazzaglia
La lingua: ita
Format: azw3, epub, mobi
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


La commedia ridicolosa

Non a caso da qui sono partiti i maestri di Plauto, non a caso l'opera buffa è nata qui. Qui i personaggi ti vengono incontro da tutte le parti e non chiedono che di poter recitare in questa ininterrotta commedia ridicolosa.

Se avessi potuto, avrei dato il premio Pirandello alla più grande attrice da me conosciuta, la madre della femmina di servizio. Con questa qualifica la ragazza di campagna entrava nelle case della città. Era una definizione umiliante, che però dava pienamente il senso di tutte le prestazioni, di qualsiasi tipo, che la ragazza doveva assicurare. Fra queste non era esclusa quella di nave scuola per i figli maschi della signora, e di svago, facilitato dalla coabitazione, al quale spesso ricorreva lo stesso «signore». A Napoli la accompagnava la«sanzara», cioè la sensale, l'intermediaria. Il ritratto che ne faceva alla nuova padrona era sempre lo stesso: è pulita, onesta, religiosa e sottomessa; si sveglia presto, mangia poco e vuole bene alle creature, sarebbero i bambini, l'infanzia in genere; alla padrona si affeziona in pochissime ore, non le piace il divertimento e quindi esce solo per andare in chiesa, o in caso di incendio o di terremoto.

Alla fine del mese, il mensile lo veniva a prendere la madre. Ma già dopo pochi giorni dall'assunzione, si presentava a casa questo indimenticabile personaggio, avvolto in scialli neri anche in piena estate, e subito raccontava una raccapricciante storia di malattie, di investimenti tranviari e disgrazie varie tutte avvenute nella sua famiglia, chiedendo infine un anticipo.

La visita si ripeteva a distanza di quattro o cinque giorni, finché alla fine del mese, non essendo restato più niente da riscuotere, ci si aspettava che la madre, dimostrando un minimo di buon gusto anche nella sorte avversa, non si ripresentasse. Invece arrivava, puntuale, e raccontava nei minimi dettagli una sua recentissima tragedia, dopo di che chiedeva un anticipo sull'anticipo dell'anticipo del mese successivo.

Dopo pochi giorni dal loro arrivo, queste ragazze già amavano tenebrosi fidanzati, dei quali restavano regolarmente incinte.

All'aborto non ci pensavano proprio. Quando erano nei guai, avevano due sole vie d'uscita: il balcone o il veleno. Al balcone ricorrevano le più decise. Al veleno le più possibiliste. Si avvelenavano la mattina, appena tutti erano usciti, prima di cominciare a fare i servizi. Come tutti i suicidi che non vogliono morire seriamente, appena messo in atto l'insano gesto si precipitavano per le scale, contando sul via vai ininterrotto che vi si svolgeva. Le avvelenate, al pronto soccorso, erano di casa. Poco dopo le seguivano le signore, trafelate: «Gesù, e chi se lo poteva immaginare: quando sono uscita, cantava».

La sera stessa arrivava la madre dal paese, alla quale non pareva vero di aggiungere quell'ennesima sventura all'elenco dei suoi nuovi sette dolori, preparato per chiedere un anticipo su un ancora lontanissimo mensile, avendo già riscosso quelli di parecchi anni di futuro lavoro della figlia.

Quando non veniva irretita da un losco figuro, la domenica la femmina di servizio usciva con il soldato. Il soldato le rassomigliava. Lontano dal paese in cui



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