Echi in tempesta. L'Attraversaspecchi - 4 (Italian Edition) by Christelle Dabos

Echi in tempesta. L'Attraversaspecchi - 4 (Italian Edition) by Christelle Dabos

autore:Christelle Dabos [Dabos, Christelle]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Edizioni e/o
pubblicato: 2020-06-30T22:00:00+00:00


L’ANELLO

ESPIAZIONE. CRISTALLIZZAZIONE. REDENZIONE. Ofelia sentiva sotto i piedi il metallo delle lettere incastonate nel pavimento e, tutto intorno, il profumo denso dell’incenso. Avanzava tra le immense colonne della navata con un’impressione di estrema pesantezza non diversa dalla grandine che l’aveva quasi tramortita mentre il corteo di osservatori la conduceva lì, una grandine che in quel luogo non aveva presa. Le vetrate mute erano in netto contrasto con il tumulto dell’esterno.

Dov’era situato in verità il secondo protocollo? Ce l’avevano portata facendo un tragitto diverso da quello che aveva seguito lei la prima volta. Le avevano fatto attraversare un sotterraneo, poi salire una scala molto stretta. Da lì in poi aveva trovato le stesse colonne, le stesse vetrate, le stesse acquasantiere e le stesse cappelle che si susseguivano senza fine.

Le sembrava di essere incastrata nel microsolco di un disco.

Non potendo contare sugli occhiali si concentrò sulle orecchie. Gli abiti degli osservatori, intrisi di pioggia, producevano uno sgocciolio che si mischiava allo schiocco delle suole dei sandali e formavano intorno a lei un muro in movimento che, senza toccarla né parlarle, la spingeva implacabilmente ad andare avanti. Erano tanti, troppi perché potesse usare gli artigli su di loro.

Ancora una volta si era messa in guai grossi. Si chiese se l’avrebbero incatenata all’inginocchiatoio al posto di Mediana, che tuttavia non vedeva da nessuna parte. L’Indovina era forse stata trasferita al terzo protocollo? La sua falsa urna funeraria si avviava forse a raggiungere le altre nel colombario?

Ofelia avrebbe dovuto avere paura. La trappola che aveva tanto cercato di evitare si era chiusa su di lei, e probabilmente Thorn non ne sapeva niente.

Il corteo si fermò e gli osservatori si disposero a formare un corridoio giallo invalicabile che conduceva alla porta di una cappella. Avevano volti impenetrabili e attenti dietro le lenti dei pince-nez. Le loro braccia dai lunghi guanti di pelle non accennarono un gesto. Ofelia doveva solo girare una maniglia, ma le toccò combattere a lungo tra la destra e la sinistra prima di riuscire ad aprire. Appena varcata la soglia, la porta venne richiusa alle sue spalle, naturalmente a chiave. Nient’altro. Non le avevano detto cosa si aspettavano da lei, così come non gliel’avevano detto al primo protocollo.

Sbatté gli occhi cercando di districarsi nel flusso di colori che le colpivano le ciglia. Illuminata dalla vetrata di un oculo, la cupola della cappella era interamente composta da riflettori che cambiavano posizione ogni secondo con un sommesso ronzio meccanico. Ofelia guardò subito da un’altra parte. Era lo stesso dispositivo del tunnel caleidoscopico e della sala di proiezione: guardare significava accentuare lo sfasamento del proprio potere familiare o peggio. Contrasse le spalle cercando di impedire la rottura della propria ombra profetizzata da Seconda. Detestava l’idea che il futuro potesse essere annunciato in anticipo, e detestava il riflesso insanguinato che si era imposto a lei già due volte come una promessa di morte imminente. Non era in grado di vedere l’aerargyrum di cui erano costituite le ombre e gli echi, ma se davvero era possibile convertirlo in materia, allora avrebbe modellato il futuro a modo suo.



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