PASSAGGIO PER IL NULLA by Stephen King

PASSAGGIO PER IL NULLA by Stephen King

autore:Stephen King [King, Stephen]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: no cover, italiano, archivio italiano
ISBN: 9788882741631
Google: G_UsPQAACAAJ
pubblicato: 2000-11-15T10:26:37+00:00


La cabina si aprì su un altro manifesto. Vi si vedeva il disegno di un dito premuto su grosse labbra rosse. La didascalia sottostante diceva: I NOSTRI PAZIENTI VI SONO GRATI DEL VOSTRO SILENZIO! Dal vestibolo si accedeva a un corridoio che si allungava a destra e a sinistra. I numeri dispari erano a sinistra. M'incamminai da quella parte e sentii le scarpe diventare più pesanti a ogni passo. Rallentai quando raggiunsi i numeri che cominciavano per quattro e sette e mi fermai del tutto tra la 481 e la 483. Non ne avevo la forza. Aveva preso a colarmi dai capelli sudore freddo e appiccicoso come sciroppo semicongelato. Avevo lo stomaco annodato come un pugno dentro un guanto scivoloso. No, non potevo farlo. Meglio girarmi e battermela da quel cagasotto vigliacco che ero. Avrei cercato un passaggio per Harlow e l'indomani mattina avrei chiamato la signora McCurdy. Molto più facile affrontare la realtà di mattina.

Cominciai a girarmi e in quel momento un'infermiera fece capolino dalla stanza due porte più su... la stanza di mia madre. «Signor Parker?» mi chiamò a bassa voce.

Lì per lì quasi negai. Poi feci cenno di sì.

«Venga. Si sbrighi. Sta andando.»

Erano le parole che mi ero aspettato, ma mi provocarono lo stesso un crampo di terrore e un cedimento alle ginocchia.

L'infermiera lo vide e mi soccorse, arrivando da me in un fruscio di sottana e con un'espressione allarmata. La spilletta d'oro che aveva sul seno diceva: ANNE CORRIGAN. «No, no, parlavo del sedativo... Sta per addormentarsi. O mio Dio, che stupida. Sta bene, signor Parker, le ho dato il suo Ambien e sta andando, nel senso che si assopisce, nient'altro. Non è che adesso mi sviene, vero?» Mi prese per un braccio.

«No», la tranquillizzai senza sapere se ne avevo il diritto. Il mondo si era messo a vacillare e mi ronzavano le orecchie. Pensai a come la strada piombava verso l'automobile come in un film in bianco e nero, in tutta quella luce argentata della luna. E sei salito sul Bullet? Io l'ho fatto quattro volte.

Anne Corrigan mi accompagnò in camera e vidi mia madre. Era sempre stata un donnone, e il letto dell'ospedale era piccolo e stretto, eppure sembrava vi ci fosse persa dentro. I capelli, ora più grigi che neri, erano allargati sul guanciale. Le mani erano posate sul lenzuolo come quelle di una bimba, o forse di una bambola. Il volto non era distorto da uno spasmo di paresi come quello che mi ero immaginato, e la carnagione era gialla. Aveva gli occhi chiusi, ma quando l'infermiera accanto a me mormorò il suo nome, li aprì. Mi mostrò un azzurro profondo e iridescente, la parte più giovane di lei e perfettamente viva. Per un momento non si fermarono su nulla, poi mi trovarono. Sorrise e cercò di allungare le braccia verso di me. Ne sollevò uno. L'altro tremò, alzato di qualche centimetro, poi ricadde. «Al», sussurrò.

Mi avvicinai a lei cominciando a piangere. Contro il muro c'era una seggiola, ma la lasciai perdere. Mi inginocchiai per terra per abbracciarla.



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