Piano nobile by Simonetta Agnello Hornby

Piano nobile by Simonetta Agnello Hornby

autore:Simonetta Agnello Hornby [Agnello Hornby, Simonetta]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2022-01-03T23:00:00+00:00


Parte seconda

DICEMBRE 1942-AGOSTO 1953

7.

Dal diario di Mariolina Sorci

Uffa! Un altro Natale a Palermo!

Prima della guerra si andava a Camagni, dove la sera del 24 dicembre la famiglia presenziava alla messa della mezzanotte nella Madrice, di fronte al palazzo, nella piazza del paese. Davvero presenziavamo: la chiesa era piena di gente e gli zampognari, a lato del presepe, aspettavano che entrassimo noi per suonare Tu scendi dalle stelle e Astro del ciel.

Anche nell’androne del nostro palazzo si allestiva il presepe. Un presepe magnifico dovuto in parte ai maestri figurinai della zona – ed erano terrecotte rivestite di sottili strati d’argilla colorata – e in parte ad acquisti napoletani: pupi rivestiti di stoffe, a volte preziose, che non si capiva davvero come ci avessero potuto ricamare sopra con tanta abilità. E poi le luci. C’era don Vito che distribuiva lumi di cera per tutto il paesaggio del presepe, e appena calava il sole uno per uno li accendeva allungando pazientemente anche nei punti più lontani l’asta dell’accensorio. I paesani venivano nel pomeriggio per vedere il nostro presepe e per ascoltare la novena. Il vero spettacolo era quando si accendevano i moccoli nascosti. Carlino e io guardavamo dall’alto, dai balconi interni della scala di fronte alla guarderia: il presepe era meraviglioso e i camagnini si erano conzati una specie di palco per ammirarlo con tutta calma, con sedie e seggioloni.

Alla fine della novena la famiglia offriva mustazzoli e buccellato.

Era bello il Natale in paese! Qui a Palermo invece mi annoio. E poi c’è la guerra. La notte si sentono gli aerei che passano e le bombe che cadono. Il presepe l’hanno fatto pure qui, ma è una cosuzza rispetto a quello di Camagni.

Adesso scrivo, anziché affliggere mia madre. Lei dice che quando i tempi sono tristi come adesso scrivere fa bene: scrivere la confortò moltissimo durante il lutto per il suo primo marito, “vittima della guerra d’Africa e dell’ambizione del duce” – è così che dice.

Ho quasi undici anni e frequento l’istituto del Sacro Cuore di Gesù, in piazza Camporeale. Sono l’unica figlia femmina di Filippo Sorci e di mia madre Stefania Rizzo, che erano vedovi quando si sposarono. Ho due fratelli da parte di mio padre, Enrico e Luigi. Loro sono grandi, hanno ventidue e ventun anni. Mio padre non voleva risposarsi perché aveva paura che Enrico e Luigi – che all’epoca erano picciriddi – si sentissero messi da parte, che pensassero che lui si era dimenticato della loro madre e che si sarebbe occupato soltanto della moglie nuova e dei figli che avrebbe avuto da lei.

Ma poi mio padre conobbe mia madre e cambiò idea. Quando la vide la volle subito perché era bellissima, e mi racconta che gli era apparsa così, “con un corpo da Venere e capelli biondi che parevano seta”. Mi piace farlo parlare di come si sono conosciuti. I miei nonni la diedero a lui, il terzo figlio del barone Sorci, perché si diceva che i Sorci erano ricchissimi, e lei riceveva solo la pensione da vedova di guerra ed era dovuta tornare in casa dei nonni.



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