L'ultima dei Neanderthal by Claire Cameron

L'ultima dei Neanderthal by Claire Cameron

autore:Claire Cameron [Claire Cameron]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858833988
editore: Feltrinelli
pubblicato: 2018-10-17T22:00:00+00:00


16

Ragazza si svegliò subito prima del sole, uscì dalla capanna e raggiunse in silenzio il focolare. Si accucciò e aprì le mani, per sentire il tepore della notte appena passata. Si chinò, soffiò sulle braci più calde coperte dalla cenere e un pezzo di legno bruciato proprio nel centro vibrò per il calore, diventando di un rosso che faceva quasi male. Ragazza regolò il respiro e soffiò una seconda volta. Una fiamma guizzò per aggredire i ramoscelli e la corteccia che aveva ammassato. Con uno scoppiettio, prese. Il calore le lambì la pelle e le guance arrossate. Era cominciato un altro giorno.

Presto il tuorlo del sole esplose e il colore si sparse nel cielo. Ragazza lo osservò salire lungo il bordo del dirupo e poi sparire. Da lì a pochi giorni, sorgendo, l’avrebbe sfiorato. Voleva dire che era arrivato il momento di andare alla corsa dei pesci. Le venne l’acquolina in bocca al pensiero della carne arancione. Quando sentiva quella sensazione non c’era più niente da decidere, restava solo il desiderio fortissimo di andare. Avrebbe raggiunto il punto di incontro e si sarebbe abbuffata di pesce. Si sarebbe finalmente riempita la pancia.

Scaldò l’acqua in una sacca di pelle per aprire un altro deposito segreto di carne di bisonte. Versandola sulle riserve congelate, sarebbe riuscita a prendere alcune delle fette messe da parte dopo la caccia. Nel breve periodo c’era cibo in abbondanza. Piuttosto che farsi distrarre dalla tristezza, Ragazza lasciò che la salivazione aumentasse. Poteva raddoppiare le porzioni e mangiare quando aveva fame, una cosa che le era accaduta di rado.

Fletté piano la mano e con sollievo vide che i muscoli funzionavano. Il leopardo le aveva dato un morso profondo, strappandole un po’ di carne, ma non era una ferita così brutta come aveva pensato all’inizio. La sera precedente, prima di strisciare nella capanna, si era costretta a restare sveglia per curarsi le ferite. Aveva bagnato e bollito dei semi di senape, poi li aveva masticati fino a spappolarli e a trasformarli in una pasta fine. Quindi aveva messo dell’acqua in un guscio di tartaruga per pulire il taglio. Con una pietra affilata aveva tagliato via il pezzo di muscolo che penzolava stringendo della carne fra i denti per soffocare le urla di dolore. Aveva arrestato il sangue tenendoci sopra la parte liscia di una pelle ripiegata, poi aveva applicato sulla ferita la pasta di semi di senape fino a che il braccio non le era sembrato di nuovo integro. Il bruciore l’aveva fatta gemere. Per ultima cosa, aveva preso un pezzo di pelle che era stato raschiato fino a renderlo sottile e l’aveva stretto come una seconda pelle intorno all’avambraccio. Le dita funzionavano bene e non sembravano gonfie, il primo segno della putrefazione della morte.

Alla fine si accucciò accanto al fuoco, mosse piano le dita e masticando si saziò. Le sue gambe sarebbero tornate di nuovo forti e muscolose, imponenti come i tronchi degli alberi, con le ginocchia grosse e nodose. Sarebbe stata la Grande Madre che tutti volevano.

Poi ebbe uno strano pensiero: forse Grande Madre si stava prendendo cura di lei.



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