Il canto della balena by Corrado Sobrero

Il canto della balena by Corrado Sobrero

autore:Corrado Sobrero
La lingua: ita
Format: epub
editore: Io Scrittore
pubblicato: 2012-01-15T16:00:00+00:00


12

Verso ovest

Il mattino dopo i tre fratelli e il mulo Hop lasciarono la Locanda degli Indifferenti.

Il viaggio sarebbe stato lungo, attraverso i territori a est di Porventura fino al mare, verso casa, così partirono che il sole era appena sorto.

La strada in leggera salita della Almeja passava attraverso campi e filari di alberi, cespugli e deserto, fino a che, quasi all’improvviso, a perdita d’occhio non comparve null’altro che erba alta un metro.

«Siamo nella Maleza» disse Enrique.

Erbaccia. Era il podere di Pirro Alonso, il fattore più magro delle terre di don Manuel.

Si diceva di lui che pesasse meno di una gallina e che diversamente dalle galline lui potesse volare.

Qualcuno giurò di averlo visto fluttuare nel cielo più di una volta, Pirro Alonso, una gamba legata a un albero con una lunga fune, sollevato dal vento come un aquilone umano, e dal cielo lui vedeva il mare, il Pezòn e ancora più in là, oltre i terreni di don Manuel e forse fino ai confini del mondo.

Enrique scrutò nel cielo e così anche le sorelle, ma Pirro Alonso quel giorno non volava.

«C’è poco vento, forse» concluse Clara.

La strada adesso era piatta, bianca e polverosa in mezzo alle onde verdi dell’erba alta, e su quella piatta strada bianca e polverosa continuarono a camminare i tre, senza parlare, un passo dopo l’altro.

Lentamente le alte onde verdi si fecero sempre meno ondeggianti e meno verdi e sempre più basse, fino a lasciare il posto a terra scura e fangosa, grassa e umida.

Canneti in lontananza, qualche specchio d’acqua.

«Siamo nel Barro» constatò Enrique.

La Palude.

Il sole sempre dietro a loro, ma più in alto, continuava a indicare la direzione da seguire.

Lo aveva spiegato Himelda: «Il sole nasce a est e muore a ovest» aveva detto.

Lui non ha bisogno del vento per salire nel cielo, pensò Clara chiedendosi quale forza misteriosa facesse salire e scendere quella palla infuocata dal mattino alla notte e poi di nuovo, per sempre e da sempre.

Questa era una questione che nessuno aveva mai saputo spiegarle chiaramente.

La risposta non le arrivò neppure quella volta, ma arrivò invece qualcos’altro alle loro spalle, una nuvola bianca, un rumore di ruote.

Un’ombra scura dentro una nuvola bianca e da quell’ombra una scintilla lucente, un raggio di luce. Nessuno dei quattro, mulo compreso, aveva mai visto prima una scintilla più lucente.

L’ombra si fece sempre meno ombra, uscendo dalla nuvola di polvere e facendosi più vicina.

Un carro, e sul carro un uomo, e dalla testa di quell’uomo una scintilla di luce dai molti colori, un piccolo arcobaleno di colori tutto intorno.

Il carro si fermò e con lui l’uomo.

Era Pedro Olivarez detto Occhiofermo per via del suo occhio di vetro, capace di scintillare come il fuoco e di fare arcobaleni alla luce del sole, ma incapace di muoversi come un occhio vero.

Pedro stava andando alla Salmuera a portare degli orci di argilla a Tomas Faccia d’acciuga.

Pedro Occhiofermo viveva creando e vendendo qualsiasi cosa potesse foggiarsi con l’argilla, abbondante oltre ogni misura sul suo terreno.

Pedro aveva costruito persino la sua casa, d’argilla, e se pur fragile e da rifare del tutto dopo ogni acquazzone, risultava fresca e confortevole.



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