Serra Michele - 2015 - Ognuno potrebbe by Serra Michele

Serra Michele - 2015 - Ognuno potrebbe by Serra Michele

autore:Serra Michele [Serra Michele]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788858823118
Google: E1OOCgAAQBAJ
editore: Feltrinelli
pubblicato: 2015-10-06T22:00:00+00:00


Diciotto

Rimane fermo nel punto del prato dal quale ha scoccato il tiro vincente. Non salta, non corre, non urla. Allarga le braccia sorridendo, a mani aperte, con le palme rivolte in avanti, nel gesto classico dell’attore che ringrazia il pubblico. Le abbassa quasi subito. La posizione del corpo è decontratta, da sforzo concluso, da milite che ha deposto le armi. L’abbraccio dei compagni prende la forma della sua compostezza: gli appoggiano le mani sulle spalle, si congratulano con pacche e buffetti, uno gli dà un bacetto in testa, ma non lo sommergono. Il campo non risulta sconvolto o increspato dal gol, semmai placato. Durata: undici secondi.

Non credo ai miei occhi. Dico a Ricky: è sicuramente un gol di nessuna importanza, tipo il settimo gol di un sette a zero. Quando si esulta pochissimo anche per non mortificare l’avversario. Ricky consulta i suoi appunti e smentisce: è un gol molto significativo, il gol del vantaggio verso la fine del primo tempo, contro un avversario di pari livello. Cercando di non far capire a Ricky che per la prima volta il nostro stravagante incarico minaccia di coinvolgermi, gli dico che mi sembra indispensabile approfondire modi e tempi di un’esultanza così sobria, dunque così insolita. Bisognerebbe cercare anche altri gol di... come si chiama?, e confrontarli con questo. Mi dice che si chiama Medardi ed è uruguaiano. Amos Medardi. Un puntero uruguagio fortissimo, aggiunge Ricky, che tiene molto a declinare la sua competenza calcistica in tutte le lingue conosciute. Credo che consideri questo rigore filologico un segno di serietà professionale, nella segreta speranza di contagiarmi. Se anche io mi decidessi a dire puntero uruguagio, vorrebbe dire che finalmente ho preso sul serio il nostro incarico. È proprio per questo che non lo dico. Neanche morto, dico puntero uruguagio.

Ricky digita velocissimo, apre e chiude finestrelle con un’agilità nervosa e prestante, come se il decimo di secondo che ogni polpastrello è in grado di guadagnare, moltiplicato per tutti e dieci i polpastrelli, non gli concedesse solamente uno stupido secondo in meno, ma una vita supplementare in più. Magari da spendere a digitare sempre più velocemente le stesse stronzate. Non abbiamo nei nostri file altri gol di Amos Medardi, mi comunica Ricky dopo quattro secondi e due decimi. Lo vedi, gli dico, lo sapevo che non conta niente. Sei matto, dice Ricky, è stato anche capocannoniere. E pronuncia quella ridicola, interminabile parola, capocannoniere, scandendo bene le sillabe. Dare lustro alla sua competenza calcistica gli serve anche come sottolineatura della mia incompetenza.

Allora procuriamoci i gol di questo capocannoniere, dico a Ricky facendogli il verso; ma a dispetto dell’intenzione sarcastica, non riesco a nascondere del tutto il mio interesse per la situazione. Infatti mi scappa di bocca, di seguito, il più compromettente dei commenti: trovare quei gol, gli dico, è importantissimo per il nostro lavoro. Ricky è molto colpito. Anzi, è sbalordito. È la prima volta che chiamo “lavoro” quell’umiliante parcheggio di due anziani precari in una nicchia assistenziale del nostro sistema universitario. Ricky non mi ha mai



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