Plinio il Vecchio. Un sapere universale: Un sapere universale by Fondazione Volta

Plinio il Vecchio. Un sapere universale: Un sapere universale by Fondazione Volta

autore:Fondazione Volta [Volta, Fondazione]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti


Ogni informazione saliente è presente. C’è il titolo dell’opera, in apertura e accanto alla rivendicazione di originalità. Indicarlo e specificarne i libri che lo compongono non è fatto nuovo; lo faceva, ad esempio, già Cicerone (Epistole ad Attico, 13.19.4: «nei sei libri De re publica […] i nostri tre (libri) De oratore»).

C’è una spiegazione del significato del titolo. Per naturalis Plinio precisa: «la natura, cioè la vita, e per giunta nei suoi aspetti più umili». Naturalis è etimologicamente tutto ciò che ha a che fare con la natura; la natura è «la madre di tutte le cose» nel suo atto continuo di «generarle e mostrarle al contempo» (NH, 27.3). Historia originariamente vale “ricerca”, come nella sua prima attestazione in Erodoto (historíēs apódexis, Storie 1.1); solo più tardi assumerà il senso di narrazione, nello specifico di eventi del passato, di storia nel nostro senso. Naturalis Historia è allora la ricerca e nel contempo la narrazione di ciò che ha a che fare con la natura, che è il fondamento di ogni cosa.

C’è la dedica dell’«ultimo parto letterario», evidentemente dopo le altre opere di cui sappiamo, al «carissimo imperatore». Chiaramente il futuro imperatore Tito (79-81 d.C.), «amore e delizia del genere umano» (Svetonio, Vite dei Cesari, Tito, 1). Non ancora imperatore, quindi, ma definito tale perché associato dal padre Vespasiano al potere imperiale fin dal 71 d.C. Che si tratti di Tito lo mostra senza dubbio l’elenco dei suoi titoli poco oltre (3), tra cui sei volte console.

Ci sono le coordinate per una datazione. Tito fu console la sesta volta nel 76 d.C. (e vi si fa riferimento come a qualcosa di concluso), la settima tre anni dopo, nel 79 d.C. A quest’ultima carica non vi è cenno, ed è escluso che si tratti di un errore o di un’omissione di Plinio in un tale sorvegliatissimo contesto dedicatorio; la lettera deve essere stata perciò redatta dopo la fine del sesto e prima del settimo consolato. La Naturalis Historia doveva quindi essere finita, e poteva essere presentata, tra il 76 (o il 77) e il 78 d.C. Ci fu forse ancora occasione di qualche revisione, aggiunta, correzione, verifica, come era nel carattere indefesso del suo autore (Plinio il Giovane, Lettere ai familiari, 3.5.9): le ricerche sono sempre «inverificabili e inesauribili, ma una volta pubblicate dobbiamo, a nostra volta, pubblicarle», dice Plinio stesso (NH, 2.85). Pubblicare un’opera nel mondo antico significava semplicemente rendere un testo disponibile per essere copiato, non che fosse finito e non più modificabile; fino al tragico 79 d.C. Plinio poteva esservi tornato ancora sopra, anche molte volte.

C’è poi un fatto senza precedenti: riportare il contenuto dei singoli libri come guida per la consultazione e la scelta di che cosa leggere. Plinio stesso dichiara che «questo sistema lo ha usato prima […], tra gli autori latini, Valerio Sorano nei libri da lui intitolati Gl’iniziati» (Ep., 33); l’opera di questo empio letterato, responsabile di aver divulgato il nome segreto di Roma (cfr. NH, 3.65), è però irrimediabilmente perduta. Non c’è motivo di



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