Poesia in forma di rosa by Pier Paolo Pasolini

Poesia in forma di rosa by Pier Paolo Pasolini

autore:Pier Paolo Pasolini
La lingua: ita
Format: epub
editore: Garzanti
pubblicato: 2014-01-26T16:00:00+00:00


Le belle bandiere

I sogni del mattino: quando

il sole già regna,

in una maturità

che sa solo il venditore ambulante,

che da molte ore cammina per le strade

con una barba di malato

sulle grinze della sua povera gioventù:

quando il sole regna

su reami di verdure già calde, su tende

stanche, su folle

i cui panni sanno già oscuramente di miseria

– e già centinaia di tram sono andati e tornati

per le rotaie dei viali che circondano la città,

inesprimibilmente profumati,

i sogni delle dieci del mattino,

nel dormente, solo,

come un pellegrino nella sua cuccia,

uno sconosciuto cadavere,

– appaiono in lucidi caratteri greci,

e, nella semplice sacralità di due tre sillabe,

piene, appunto, del biancore del sole trionfante –

divinano una realtà,

maturata nel profondo e ora già matura, come il sole,

a essere goduta, o a fare paura.

Cosa mi dice il sogno mattutino?

«il mare, con lente ondate, grandiose, di grani azzurri,

si abbatte, lavorando con furore uterino,

irriducibile,

e quasi felice – perché dà felicità

il verificare anche l’atto più atroce del destino –

sgretola la tua isola, che ormai

è ridotta a pochi metri di terra...»

Aiuto, avanza la solitudine!

Non importa se so che l’ho voluta, come un re.

Nel sonno, in me, un bambino muto si spaventa,

e chiede pietà, si affanna a correre ai ripari,

con un’agitazione

che «la virtù dismaga», povera creatura.

Lo atterrisce l’idea

di essere solo

come un cadavere in fondo alla terra.

Addio, dignità, nel sogno, sia pur mattutino!

Chi deve piangere piange,

chi deve aggrapparsi alle falde delle vesti altrui,

si aggrappa, e le tira, e le tira,

perché si voltino quelle faccie colore del fango,

e lo guardino negli occhi terrorizzati

per informarsi della sua tragedia,

per capire quanto sia spaventoso il suo stato!

Il biancore del sole, su tutto,

come un fantasma che la storia

preme sulle palpebre

col peso dei marmi barocchi o romanici...

Ho voluto la mia solitudine.

Per un processo mostruoso

che forse potrebbe rivelare

solo un sogno fatto dentro un sogno...

E, intanto, sono solo.

Perduto nel passato.

(Perché l’uomo ha un periodo solo, nella sua vita.)

Di colpo i miei amici poeti,

che condividono come me il brutto biancore

di questi Anni Sessanta,

uomini e donne, appena un po’ più anziani

o più giovani – sono là, nel sole.

Non ho saputo avere la grazia

per tenermeli stretti – nell’ombra di una vita

che si svolge troppo attaccata

all’accidia radicale della mia anima.

La vecchiaia, poi, ha fatto

di mia madre e di me

due maschere

che nulla hanno peraltro perduto

della tenerezza mattutina

– e l’antica rappresentazione

si ripete

nell’autenticità

che solo sognando dentro un sogno,

potrei forse chiamare col suo nome.

Tutto il mondo è il mio corpo insepolto.

Atollo sbriciolato

dalle percosse dei grani azzurri del mare.

Cosa fare, se non, nella veglia, avere dignità?

È giunta l’ora dell’esilio,

forse: l’ora in cui un antico avrebbe dato realtà

alla realtà,

e la solitudine maturata intorno a lui,

avrebbe avuto la forma della solitudine.

E io invece – come nel sogno –

mi accanisco a darmi illusioni, penose,

di lombrico paralizzato da forze incomprensibili:

«ma no! ma no! è solo un sogno!

la realtà

è fuori, nel sole trionfante,

nei viali e nei caffè vuoti,

nella suprema afonia delle dieci del mattino,

un giorno come tutti gli altri, con la sua croce!»

Il mio amico dal mento di papa, il mio

amico dall’occhio marroncino...

i miei cari amici del Nord

fondati su affinità elettive dolci come la vita

– sono là, nel sole.

Anche Elsa, col suo biondo dolore,

lei – destriero ferito, caduto,

sanguinante – è là.



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