Potere alle parole: Perché usarle meglio by Vera Gheno

Potere alle parole: Perché usarle meglio by Vera Gheno

autore:Vera Gheno [Gheno, Vera]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2019-09-09T22:00:00+00:00


Gli hashtag, cioè quelle parole chiave con il cancelletto davanti che si incontrano spesso su Twitter, Instagram e Facebook, e richiedono l’assenza di spazi per funzionare, non hanno insomma inventato niente di nuovo, e anche il divertissement di scrivere le parole cosí, senza spazi, non è particolarmente originale. Perfino la registrazione dei cosiddetti raddoppiamenti fonosintattici non è una novità: all’inizio del presente capitolo abbiamo già nominato nondicereillesecritaabboce, l’iscrizione sulla Catacomba di Commodilla. Corsi e ricorsi della storia…

Tutti questi sistemi di scrittura hanno un denominatore comune, che non è semplicemente quello di giocare con la lingua: risparmiare spazio, ottimizzare il messaggio contenendo il numero di caratteri. Oggi, una tale esigenza sembra poco significativa; occorre ricordare cosa volesse dire comunicare con i mezzi telematici vent’anni fa, quando gli Sms si pagavano a peso d’oro e per connettersi a internet c’era la Tut, la tariffa urbana a tempo: ogni carattere comportava un costo, quindi risparmiarne anche solo uno era una vittoria. Se all’inizio della storia dei social questi modi di scrivere avevano insomma una giustificazione tecnica, poi sono diventati un vezzo di chi comunica in rete, solo parzialmente giustificato dall’idea della velocità di questo tipo di comunicazione. Dico solo parzialmente perché, a ben pensarci, la comunicazione social è in massima parte scritta, e viene letta in un momento tendenzialmente successivo al momento della sua scrittura. Ma è davvero cosí veloce? In realtà non solo non lo è, ma dal momento che rimane visibile per un tempo potenzialmente lunghissimo, dedicarci un secondo di riflessione potrebbe non rivelarsi una cattiva idea. Da quando essere online non è piú qualcosa di esclusivo, ma una cosa normale, alla portata della maggior parte delle persone, anche la «lingua social» ha perso parte del suo appeal. Non a caso gli utenti piú giovani, quelli tra i dieci e i quindici anni, quasi sicuramente non riconoscerebbero gli esempi illustrati in precedenza; per loro, scrivere sui social è naturale come per noi avere l’acqua calda in casa: perché farne qualcosa di esotico?

Uscendo dal settore della lingua «zippata» (cioè compressa, dal nome di un famoso programma per comprimere i file), sicuramente attraggono l’attenzione delle persone le molte parole inglesi o pseudoinglesi presenti sui social. Ma a parte l’inglese, che catalizza sin troppo la nostra attenzione, esistono in rete anche frammenti di altre lingue, semplicemente perché esprimono in maniera piú efficace un determinato concetto. A essere precisi, sovente si parla dei «termini intraducibili» delle altre lingue – esistono interi libri sul tema –, ma spesso si tratta non tanto di concetti particolarmente esotici, quanto semplicemente di concetti espressi tramite la fusione di piú parole che permettono di creare facilmente nuovi termini in questo modo. Come per esempio il verbo tedesco fremdschämen che significa, in sostanza, «vergognarsi per conto di un altro»: quando, cioè, una persona compie un’azione imbarazzante e tu ti vergogni per lei. La parola non è che l’unione dei termini Fremd «estraneo» e schämen «vergognarsi». In italiano non creiamo le parole cosí, o meglio, non lo facciamo regolarmente: esistono le parole composte, e ne vedremo degli esempi nel prossimo capitolo.



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