Quando eravamo i padroni del mondo by Aldo Cazzullo

Quando eravamo i padroni del mondo by Aldo Cazzullo

autore:Aldo Cazzullo [Cazzullo, Aldo]
La lingua: ita
Format: epub, azw3
editore: HarperCollins Italia


«Sono il tuo cattivo genio»

Con un voltafaccia improvviso, Ottaviano si alleò con il suo nemico Antonio. Non si fidava dei senatori che avevano tradito il prozio. Soprattutto, capiva che la priorità era affrontare ed eliminare Bruto e Cassio, che stavano armando truppe in Oriente.

L’idea del potere assoluto di una sola persona, per quanto resa necessaria dalle immense dimensioni dei domini romani, era talmente distante dalla mentalità del popolo e dei patrizi, che la visione cesariana dell’impero poteva essere imposta solo con la forza. Ottaviano era fermamente deciso a restare l’unico e il solo. Ma doveva schiacciare un nemico alla volta, come aveva fatto l’Orazio superstite.

Con Antonio e Lepido strinse un triumvirato. All’incontro che lo suggellò i tre si guardavano di soppiatto, come se ognuno temesse di veder spuntare dalla toga dell’altro un pugnale.

Cesare non aveva voluto liste di proscrizione, aveva evitato di eliminare fisicamente i rivali, voleva o diceva di volere la pacificazione; e aveva pagato la sua clemenza con la vita. I nuovi padroni non volevano correre il rischio. Segretamente compilarono gli elenchi di chi doveva vivere e di chi doveva morire. I legionari fedeli furono mandati a uccidere trecento senatori e duemila cavalieri: la classe dirigente repubblicana era stata annientata.

Antonio insistette per inserire nella lista dei condannati anche l’odiato Cicerone; e Ottaviano non poté o non volle difenderlo.

Il grande oratore fu raggiunto mentre tentava di fuggire, brutalmente ucciso e decapitato. Oggi lo ricorda un tumulo di pietre, un posto affascinante lungo la costa tra Gaeta e Formia, uno dei luoghi più magici d’Italia, tra il mare e le montagne; anche se non ci sono prove certe che sia davvero la tomba di Cicerone, come tutti la chiamano.

Antonio aveva dato ordine che, oltre alla testa, gli venisse portata la sua mano destra, quella che aveva scritto le orazioni contro di lui. Quando ebbe tra le mani quei macabri trofei, rise compiaciuto; poi ordinò di esporli sui Rostri del Foro. Si racconta che Fulvia, la moglie di Antonio, avesse infierito trafiggendo con uno spillone la lingua che quelle orazioni aveva pronunciato. Ma, come fu scritto, i romani guardavano la testa mozzata di Cicerone, e vedevano la crudeltà di Antonio.

Ci furono scene raccapriccianti, come neppure ai tempi di Silla. Lepido fece ammazzare il fratello, Antonio lo zio, Ottaviano torturò di persona i nemici. I patrimoni dei proscritti furono confiscati dai vincitori: venne lasciato solo il dieci per cento ai figli e il cinque alle figlie.

Il patto scellerato fu suggellato da un matrimonio. Ottaviano si unì a Clodia, figliastra di Antonio: sua moglie Fulvia l’aveva avuta dal primo matrimonio con Clodio, quello che si era infilato a casa di Cesare vestito da donna. La sposa aveva appena undici anni.

I superstiti raggiunsero Bruto e Cassio, decisi a dare battaglia. Era l’estremo confronto tra i repubblicani e i sostenitori del nuovo ordine voluto da Cesare.

I due eserciti si equivalevano: entrambi potevano contare circa centomila uomini. Lo scontro avvenne in Tracia, in una località il cui nome è legato a un episodio forse falso, certo suggestivo.



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