Quentin Patrick - 1955 - Mio figlio l'assassino by Quentin Patrick

autore:Quentin Patrick
La lingua: ita
Format: mobi, epub
editore: Arnoldo Mondadori Editore
pubblicato: 2012-03-28T13:23:06+00:00

XIV

Quando mi svegliai il sole entrava dalla finestra. Erano da poco passate le sette. Istantaneamente ricordai tutto e pensai: “Debbo vedere Jean”.

Mi sentivo malissimo. Feci la doccia e mi vestii. Dovevo andare da Jean finché ero ancora eccitato, prima che la disperazione, che stava in agguato dentro di me come una lupa, prendesse finalmente il sopravvento.

Mi recai a piedi nella Cinquantottesima Strada. Non era lontano. Le vie avevano una dolce serenità mattutina. Non sapeva dunque New York che la fine del mondo era arrivata? Un motofurgone girò l’angolo e un pacco di giornali venne gettato sul marciapiede. Nel passare vidi il nome DULUTH scritto a lettere cubitali. In pochi minuti tutti avrebbero saputo, e noi non saremmo stati più noi stessi. Saremmo divenuti personaggi stilizzati di una pubblica rappresentazione: il padre dal cuore spezzato, la giovane moglie adultera, la vittima, l’assassino. Bill, l’assassino. Eravamo ormai di dominio pubblico, come Felicia.

Avevo pensato che il marciapiede davanti alla casa di Ronnie fosse brulicante di curiosi o, almeno, di poliziotti. Invece non c’era nessuno. Sonai il campanello. Johnson apri quasi subito. Era in maniche di camicia. Non l’avevo mai visto a quel modo prima, senza la sua rigida livrea. Era sempre stato un maggiordomo impeccabile! Nel vederlo sentii riaffiorare il dolore per l’altra perdita che avevo sofferto, quasi altrettanto penosa del resto. A parte Angie, che adorava, la vita di Johnson era appartenuta interamente a Ronnie. Sul viso del vecchio maggiordomo la morte di Ronnie era visibile come se il suo cadavere si trovasse ancora di fronte a me.

— Sono veramente costernato, Johnson — dissi.

— Non posso credere a quel che è successo, signore. Non posso crederlo!

— Debbo vedere la signora Sheldon. È molto importante.

— Si, signore. È nell’appartamento superiore, con la sua famiglia. Ha passato la notte là.

Abbassò lo sguardo. — Hanno arrestato il signorino Bill?

— Si.

— Ho detto loro qualcosa sul signorino Bill. Dovevo dirlo, perché era la verità. Aveva veramente detto così.

— Certo, dovevate dirlo. Non crediate che io vi biasimi.

Mi diressi verso l’appartamento.

Per un momento Johnson non si mosse poi mi raggiunse e appoggiò la mano sul mio braccio.

— Signor Duluth, per favore. Non vorreste andare a trovare la signorina Angie?

Mi voltai.

— Vi prego, signor Duluth. Se voleste parlarle… Sono riuscito a farla andare a letto, alla fine, ma non ha dormito. Neppure un momento. Non ha voluto nemmeno toccare la colazione che le ho portato. Signor Duluth, la signorina vi è affezionata. Se voleste salire da lei…

Pensai alla solitudine e alla disperazione di Angie. Povera Angie! Lei ed io eravamo dello stesso stampo. Non credevo che avrebbe potuto essermi d’aiuto, né che io avrei potuto essere d’aiuto a lei in simili circostanze. Ma se Johnson riteneva che potesse servire, dovevo tentare. Lo dovevo a Ronnie.

Johnson mi accompagnò nella stanza di Angie. Entrò senza bussare, come se fosse ancora la bambina di quando lui era entrato al servizio di suo padre.

— Guardate chi vi ho portato, signorina Angie. Farò del caffè fresco, così ne berrete una tazzina col signor Duluth.

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