Radiopirata by Francesco Carofiglio

Radiopirata by Francesco Carofiglio

autore:Francesco Carofiglio
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
Tags: Narrativa italiana
ISBN: 9788831708982
editore: Marsilio
pubblicato: 2011-05-24T22:00:00+00:00


QUATTORDICI.

Aveva fatto i baffi a tutte le foto di quello stupido giornale. Faceva scorrere la penna avanti e indietro sotto il naso di Farrah Fawcett, Mork e Mindy, Paolo Rossi, Edwige Fenech, Candy Candy, Pippo Baudo e Claudio Baglioni. Poi continuava, insisteva. Dai baffi passava alla barba, e poi al resto del viso. Fino a un pasticcio che rendeva tutti i volti uguali.

La sua camera era piccola, lo spazio per il letto e un armadio. Le toccava studiare in cucina, sul tavolo di marmo, mentre sua madre cucinava. Cucinava sempre, sua madre.

Oppure si stendeva sul letto, con il libro posato sopra il seno e lo sguardo che si perdeva altrove.

Quella casa la odiava. Non riusciva più a darsi pace, da quando era successa quella cosa.

Non ne aveva parlato con nessuno, e non sapeva con chi parlarne. Non aveva un’amica vera, una cugina, una zia, qualcuno con cui confidarsi. E il senso di colpa le stava divorando lo stomaco.

Aveva provato a confessarsi, ma non ce l’aveva fatta. Aveva provato ad avvicinarsi a quel prete, il nuovo parroco, suo padre diceva che era una persona in gamba. Ma si vergognava, avrebbe dovuto parlare di quelle cose con un uomo, anche se era un prete, e con un uomo si vergognava.

Quando ci pensava le veniva da vomitare, correva in bagno e si inginocchiava davanti alla tazza. Poi si alzava, e si asciugava la bocca.

Era brutta, davanti allo specchio, con quegli orribili capelli gialli e i brufoli sulle guance. Si sentiva così brutta, con quel seno così grosso, che le curvava le spalle.

Lo odiava, quello schifoso. E odiava la sua amica, che l’aveva messa in quel guaio. E odiava se stessa, per non aver reagito, per non essersi ribellata, per aver accettato che lui facesse tutto, prendendosi quello che voleva, con quelle parole sudicie, quei versi disgustosi.

La voce suonava ancora nella testa. Come quella di un animale.

Margherita lasciò cadere il libro dal letto e rimase a guardare il soffitto. La luce gialla rendeva tutto uguale, una cuffia di vecchia sul mondo. Avrebbe voluto sparire. E non sentire più nulla.

Si mise le scarpe e uscì. Fuori c’era ancora luce. Prese la bici e partì.

Mentre pedalava in mezzo alla strada, i ragazzi del paese, gli uomini del paese, i vecchi del paese, la guardavano. E dicevano cose, fumavano, ridevano e ripetevano cose, schifose, ne era sicura.

Alla fine del corso prese la discesa che portava dritto alla ferrovia.

Quando arrivò dinanzi al passaggio a livello si fermò. Il sole stava tramontando, le colline diventavano scure. Prese il sentiero parallelo ai binari, era largo poco più di due metri e circondato dalle siepi selvatiche. D’estate ci raccoglieva le more, le piaceva.

Tra il sentiero e i binari c’era un fossato, d’inverno ci scorreva un fiumiciattolo di pioggia e d’estate c’erano le rane.

Si mise a correre con la bici, sentì il vento in faccia e l’aria che si faceva più fresca man mano che si avvicinava alla macchia. Superò la montagnola e tolse i piedi dai pedali, in discesa. Come quando era bambina.



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