Romanzi del mare by Joseph Conrad

Romanzi del mare by Joseph Conrad

autore:Joseph Conrad
La lingua: ita
Format: mobi, epub, azw3
pubblicato: 2013-04-13T22:00:00+00:00


Capitolo quinto

Aspettò.

Dinanzi ai suoi occhi le macchine giravano con un lento travaglio che, nel momento in cui la nave cominciava ad af fondare follemente di prua, si fermava di colpo a un grido del signor Rout: «Attento, Beale!».

Le macchine si bloccavano in una immobilità intelligente, paralizzate a metà d’una rotazione, con una biella massiccia sospesa ad angolo, quasi fosse conscia del pericolo e del passare del tempo. Poi, ad un «Via adesso!» del primo macchini sta, e con lo stesso suono di un respiro emesso a denti stretti, completavano la rivoluzione interrotta e ne cominciavano un’altra.

Nel loro movimento v’era la sagacia prudente della saggezza e la determinazione di una forza enorme. Questo era il loro lavoro... questo paziente sospingere una nave smarrita sulla furia delle onde e nell’occhio stesso del ciclone. A volte il mento del signor Rout premeva sul petto ed egli osservava le macchine con le sopracciglia aggrottate, quasi fosse perduto nei propri pensieri.

La voce che escludeva l’uragano dall’orecchio di Jukes inco minciò a dire: «Prenda gli uomini e...», ma si interruppe ina spettatamente.

«Che cosa potrei fare con gli uomini, signore?»

Un «clang» aspro, brusco, imperioso, esplose a un tratto.

Le tre paia d’occhi volsero di scatto lo sguardo sul quadrante del telegrafo e videro la lancetta dell’indicatore scattare da TUTTA FORZA a FERME come se fosse stata spostata da un demonio. E poi quei tre uomini nella sala macchine provarono la netta sensazione di un freno applicato sulla nave, di uno strano raccogliersi della nave su se stessa, come se avesse chiamato a raccolta le proprie forze per un balzo disperato.

«Fermale!», sbraitò il signor Rout.

Nessuno — nemmeno il capitano MacWhirr, che, solo in plancia, aveva scorto una bianca cresta di spuma sopraggiungere così alta da indurlo a non credere ai propri occhi - nessuno avrebbe mai immaginato la ripidità di quel maroso e la spaventosa profondità dell’avvallamento che l’uragano aveva scavato dietro la muraglia d’acqua in corsa.

Il maroso correva verso la nave e, dopo un attimo di immobilità, come per prepararsi alla lotta, il Nan-Shan sollevò la prora e balzò. Le fiammelle in tutte le lampade si abbassarono e la sala macchine piombò nell’oscurità. Una lampada si spense. Con uno schianto lacerante e un tumulto turbinoso e furente, tonnellate d’acqua scrosciarono sul ponte, quasi che la nave fosse sfrecciata sotto una cascata.

Là sotto si guardarono a vicenda, storditi.

«Spazzata da un’estremità all’altra, per Dio!», urlò Jukes.

La nave piombò quasi perpendicolarmente nell’avvallamento, come se stesse precipitando dall’orlo del mondo. La sala macchine si inclinò in avanti minacciosamente, simile all’interno di una torre che pencolasse in un terremoto. Uno strepito spaventoso, di oggetti di ferro che cadevano, giunse dalla sala caldaie.

La nave rimase così spaventosamente inclinata abbastanza a lungo perché Beale cadesse carponi e cominciasse a strisciare quasi fosse intenzionato a fuggire sulle mani e sulle ginocchia dalla sala macchine, e perché il signor Rout voltasse adatio la testa, rigidamente, con la bocca aperta come una caverna. Jukes aveva chiuso gli occhi e la faccia di lui divenne in un attimo disperatamente inespressiva e dolce, come la faccia di un cieco.



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