Russia 1917. Un anno rivoluzionario by Guido Carpi

Russia 1917. Un anno rivoluzionario by Guido Carpi

autore:Guido Carpi
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Russia, Rivoluzione,
ISBN: 978-88-430-8628-3
editore: Carocci
pubblicato: 2018-05-22T04:00:00+00:00


Il marasma d’inizio estate

Pietroburgo si era proclamata Nerone ed era rivoltante come se stesse mangiando un intruglio di mosche spiaccicate.

Osip Mandel’stam, Il francobollo egiziano

«La fredda primavera del 1917 lasciò il posto a un’estate torrida». Se le nuove amministrazioni progressiste iniziano subito un’opera di profonda democratizzazione dei poteri locali, il governo centrale è sempre più impantanato: «Lo Stato si disfaceva come un pugno di argilla bagnata» - ricorderà poi Paustovskij - «La provincia, la Russia regionale non si sottometteva a Pietrogrado, non si sapeva di che cosa vivesse e che cosa la facesse ribollire» (Paustovskij, 1959, pp. 9 e 17). Più l’economia va in crisi, più il governo dipende dai prestiti degli alleati, ma tali prestiti sono subordinati al mantenimento degli impegni bellici, che sono anche la prima causa del disastro economico e della disgregazione dello Stato e della società. Nel 1917, l’esercito russo è formato in grande maggioranza da contadini e conta 9,5 milioni di soldati al fronte e più di 1 milioni nelle retrovie, con più di 300.000 unità nella sola regione di Pietrogrado (che, se si aggiungono i 400.000 operai industriali, è certamente il centro esplosivo del paese). Stremati da tre anni di guerra contro un nemico preponderante, preoccupati per le condizioni di vita delle famiglie e per il destino delle terre da spartire, animati da un generale risentimento nei confronti dei “borghesi”, i soldati stanno diventando una massa umana ingovernabile, che paradossalmente sono proprio i comitati istituiti dall’ Ordine № 1 tenere ancora assieme: all’inizio, infatti, i comitati sono diretti da ufficiali e sottufficiali popolari fra i soldati e di spirito patriottico. Al fronte, Kerenskij riesce ancora a infiammare un po’ gli animi con i suoi incessanti comizi, ma già al grande Congresso dei comitati militari tenutosi a Minsk a inizio aprile risulta evidente quanto le parole d’ordine pacifiste e socialiste siano penetrate nella truppa e fra quegli ufficiali di origine plebea frettolosamente addestrati e buttati al fronte per colmare i vuoti paurosi fatti dalla guerra: quelli che Raskol’nikov definisce «giovani ufficiali già di formazione rivoluzionaria» (Raskol’nikov, 1915, p. 107). Interi reggimenti rinunciano alle proprie insegne tradizionali per acquisire i simboli rivoluzionari, si moltiplicano le insubordinazioni, le diserzioni e gli episodi di fraternizzazione con il nemico. Il tentativo di sollevare lo spirito combattivo dell’esercito formando speciali “battaglioni d’assalto” о “battaglioni della morte” non riscuote successo.

E non solo di guerra si tratta ma, ancora una volta, di terra. Un governo sostenuto dagli alleati anglo-francesi - si chiami “socialista” о meno - semplicemente non può espropriare le terre dei nobili: queste sono da tempo ipotecate per una buona metà, e un loro esproprio manderebbe in rovina le banche, a loro volta quasi tutte in mano francese e inglese; inoltre, alla notizia che le terre dei signori vengono cedute alle comunità di villaggio, la massa dei contadini al fronte se la filerebbe per tornare a casa e partecipare alla distribuzione (come in tarda estate e in autunno, di fatto, avverrà). Per la verità, il leader socialista-rivoluzionario centrista Viktor Cernov, da



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