Sarah, Susanne e lo scrittore by Éric Reinhardt

autore:Éric Reinhardt [Reinhardt, Éric]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Fazi
pubblicato: 2025-03-06T10:49:45+00:00

9

E Delphine? Non se ne parla più? È scomparsa dal racconto?

Mi sembrava avesse smesso di vedere la sua amica Angèle, o sbaglio?

Non sbaglia. È vero.

E per quale motivo?

Per vergogna.

Vergogna di essermi sbagliata. Vergogna di aver immaginato che il semplice fatto di allontanarmi da casa sarebbe bastato a spingere mio marito ad ammettere di provare qualche rimorso. Vergogna delle conseguenze, del tutto sproporzionate, che quella stupida idea aveva comportato.

L’errore che avevo commesso, infatti, si era concretizzato in una nuova vita, una vita miserabile, per di più, e destinata a durare, all’opposto dell’astuta e transitoria situazione immaginata, appunto, con la complicità della mia amica Angèle: insomma, un disastro, e naturalmente non volevo dare spettacolo davanti a nessuno, meno che mai davanti a lei. Sono una donna ansiosa. La mia principale attività psichica, sin da piccola, consiste nel disinnescare il timore di avere in sorte un futuro catastrofico. Per questo, quando mi sveglio al mattino, ho bisogno di credere di essere felice, credere che il futuro, a furia di sforzi ed entusiasmo, di rettitudine e concentrazione intellettuale, esaudirà i miei desideri. Sono sempre stata così, sin da quando riesco a ricordare. Forse è proprio questa la condizione alla base dei miei successi, il mio carburante preferito. Del resto, fino a quando ho cambiato casa, a parte la legnaia e la cupidigia di mio marito, credo di poter affermare di essere stata ricompensata dalla vita nei limiti di quel che potevo aspettarmi, persino durante la malattia, visto che ne sono scaturite decisioni fondamentali che non ho mai rimpianto di avere preso. Mi è difficile ammettere il fallimento, o comunicarne la sensazione ad altri, altrimenti sarebbe l’abisso, si spalancherebbe il gorgo della mia rovina. Non posso perdere la faccia o mostrare un inizio di cedimento, è impossibile, il mio cervello non ce la fa. Per affrontare le sventure, devo essere l’unica a conoscerne la natura e la portata. Per questo sono così segreta, al contrario di altri che hanno invece bisogno degli amici per scaricare l’ansia su di loro e trarne il coraggio di lottare. Svelare i miei insuccessi mi indebolisce, mi disarma e accelera il processo di disgregazione. Sono bravissima a raccontare gli stati di grazia, ma non trovo le parole e il tono giusto per parlare di paure e angosce. Le rare volte in cui ho avuto la debolezza di farlo, ho sentito nei miei interlocutori come un disagio, il desiderio di scappare. Probabilmente ci vuole un tocco che io non possiedo e senza il quale ogni confessione diventa oscena o impudica, io stessa ne ricavo un immediato disgusto e ci metto giorni a riprendermi. Per tornare dunque alla sua domanda, se avevo pensato di invitare Angèle da me per descriverle la situazione in cui mi trovavo a quel punto della storia, raccontarle l’umiliazione di quelle sere passate a nascondermi dietro il tronco di un albero per spiare la vita privata della mia famiglia: impossibile. Tanto più che avrei letto negli occhi della mia amica il senso di colpa per avermi così mal

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