Simenon Georges - Maigret 42 - 1953 - Maigret ha paura by Simenon Georges

autore:Simenon Georges [Simenon Georges]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, Mystery & Detective, General
ISBN: 9788845971587
Google: FUHi4kp1JrUC
editore: Adelphi
pubblicato: 2012-09-23T22:00:00+00:00

LA MESSA DELLE DIECI E MEZZA

Quando si accorse che era domenica, continuò a sonnecchiare. Poco prima si era dedicato a un gioco segreto, un gioco di quando era piccolo. Ogni tanto gli capitava ancora di farlo, nel letto, accanto a sua moglie, stando attento a non farsi scoprire. Lei non capiva e, portandogli poi il caffe, gli chiedeva:

"Cosa stavi sognando?"

"Perché?"

"Avevi un sorriso beato."

Quella mattina, a Fontenay, prima di aprire gli occhi sentì il sole ferirgli le palpebre. Lo sentiva soltanto. Però aveva l'impressione di vederlo, attraverso la pelle sottile che la luce pungeva e, a causa del sangue che vi circolava, era un sole più rosso di quello nel cielo, più vivido, come nei dipinti.

Poteva creare tutto un mondo con quel sole, fasci di scintille, vulcani, cascate d'oro fuso. Bastava muovere leggermente le palpebre, come con un caleidoscopio, mentre le ciglia facevano da filtro.

Udì i piccioni tubare sul cornicione sopra la finestra, poi un suono di campane riecheggiò nello stesso momento in due luoghi diversi, e s'immaginò i campanili puntati verso il cielo, che doveva essere di un azzurro perfetto.

Continuò il gioco mentre ascoltava i rumori della strada e fu allora, dalla risonanza dei passi e da un certo tipo di silenzio, che si accorse che era domenica.

Esitò un attimo prima di allungare il braccio e prendere l'orologio sul comodino. A Parigi, nella sua casa di boulevard Richard-Lenoir - posto che anche lì fosse finalmente arrivata la primavera - la signora Maigret, in pantofole e vestaglia, doveva aver aperto le finestre e star rassettando la camera, mentre un ragù cuoceva lento sul fuoco.

Si ripromise di telefonarle. Poiché in camera non c'era il telefono, avrebbe dovuto scendere e chiamare dalla cabina.

Premette il campanello. La cameriera gli parve più simpatica e più gaia del giorno prima.

"Cosa vuol mangiare?"

"Niente. Vorrei un bel po' di caffè."

Lo guardava con la stessa curiosità del mattino precedente.

"Le apro l'acqua della vasca?"

"Dopo che avrò bevuto il caffè."

Accese la pipa, andò ad aprire la finestra. L'aria era ancora fresca, e anche se dovette infilarsi la giacca da camera, si sentiva già un vago tepore. Le facciate delle case e le strade erano asciutte. Nella via deserta c'era solo una famigliola con gli abiti della domenica e qualche ragazza con un mazzo di lillà in mano.

Il servizio dell'albergo doveva svolgersi con ritmo rallentato, poiché dovette aspettare a lungo il caffe. Aveva lasciato le due lettere ricevute la sera prima sul comodino. Una era firmata. La grafia era precisa, come fosse stata incisa, e l'inchiostro nero come l'inchiostro di china.

Le hanno già detto che la vedova Gibon fu la levatrice della signora Vernoux quando nacque Alain?

Può esser utile a sapersi. Saluti Anselme Remouchamps.

La seconda lettera, anonima, era scritta su una carta di buona qualità cui era stata tagliata la parte superiore, evidentemente per togliere l'intestazione. Era scritta a matita.

Perché non vengono interrogati i domestici? Ne sanno più di chiunque altro.

Quando aveva letto queste righe, la sera precedente, prima di addormentarsi, aveva avuto la sensazione che fossero state scritte dal maggiordomo che,

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