Singer Israel Joshua - 1935 - Acciaio contro acciaio by Singer Israel Joshua

Singer Israel Joshua - 1935 - Acciaio contro acciaio by Singer Israel Joshua

autore:Singer Israel Joshua [Singer Israel Joshua]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
ISBN: d5325b2c75e107b769e07d201753ca3901379ac9
editore: Adelphi
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


9

CLANDESTINITÀ

Lerner non rimase a lungo all’ospedale. Una sera un prigioniero gli portò una pagnotta di segale da parte di Pecora Rossa. Lerner la spezzò sul ginocchio e ne diede una parte al messaggero. Mentre si accingeva a mangiare il resto, un foglietto accuratamente ripiegato cadde sulla paglia. Lerner accese un fiammifero e lesse con difficoltà la scrittura incerta.

«Ho bisogno di te» scriveva Pecora Rossa. «C’è il rischio che le cose ci sfuggano di mano. Vieni subito».

Lerner fu così contento che condivise il pane con i suoi vicini.

Gli operai lo accolsero con calore. «Felici di rivederti!» si congratularono. «E non hai una brutta cera, sei solo un po’ più pallido e magro».

I vestiti, spiegazzati e color ruggine a causa del trattamento disinfettante, gli andavano larghi. Aveva la testa rasata e le gambe vacillanti.

Respirò avidamente l’aria fresca e scherzò sul suo soggiorno in ospedale. «Mi sono preso una vacanza» disse, mentre descriveva a Pecora Rossa le condizioni della camerata.

Pecora Rossa lo ascoltò dall’inizio alla fine. «Maledetti russi!» esclamò disgustato.

Sul ponte ferveva l’attività. In una tarda mattinata, poco dopo il ritorno di Lerner, sul binario morto vicino alle baracche arrivò sbuffando un lungo treno. Trasportava macchinari, travi e grosse casse ricoperte di etichette, scritte e numeri.

Gli operai assicurarono delle catene attorno alle casse e la gru le depositò delicatamente a terra. In coda ai vagoni merci c’era una fila di pianali, ognuno dei quali trasportava una casetta prefabbricata, completa di finestre e di un tetto incatramato, pulita e in ordine come fosse appena uscita da una fabbrica di giocattoli.

Ogni casetta conteneva una scrivania, sedie, armadietti e un divano in pelle. Al centro della stanza, una stufa con sopra un bollitore nuovo di zecca dal quale usciva una colonna di vapore che pareva incontaminato e puro come gli altri oggetti. Su ogni scrivania c’era una macchina da scrivere, dietro la quale sedeva una rosea Fräulein tirata a lucido, che batteva sui tasti con somma efficienza.

L’ultima casetta era occupata da un tedesco alto e dinoccolato con uno sfregio sul viso. Indossava un completo verde da montanaro e alti stivali con i lacci. Alle sue spalle, sul muro, era appesa una doppietta da caccia, mentre di fianco alla branda era accucciato un segugio grigio dagli occhi intelligenti sempre all’erta.

«Grüss Gott!» esclamarono i marinai aiutando le ragazze a scendere dal treno. «Benvenute al ponte!».

«Grazie, gentiluomini,» ridacchiarono loro «santo cielo, come siete forti...!».

Lo spilungone scese con il fucile in spalla, e con aria imperiosa affidò il cane al guinzaglio a uno degli operai sbalorditi.

Gettò la borsa a un altro operaio e dopo aver fatto il saluto militare ai marinai si incamminò verso l’ufficio del maggiore Meyer trascinando vistosamente una gamba.

I marinai si consultarono per un momento e poi ordinarono agli operai di sistemare le casette in fila di fianco all’ufficio.

Gli uomini si affrettarono a obbedire.

Una delle giovani rimase all’interno della casetta per tutto il tempo del trasporto. Sgambettava e non riusciva a smettere di ridacchiare. «Questo lo devo proprio scrivere a Mutti!».

L’indomani mattina presto, lo spilungone zoppo affisse nuovi ordini scritti in tedesco e in un polacco approssimativo alle pareti del suo ufficio.



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