Smith Martin Cruz - 1981 - Gorky Park by Smith Martin Cruz

Smith Martin Cruz - 1981 - Gorky Park by Smith Martin Cruz

autore:Smith Martin Cruz
La lingua: ita
Format: mobi
Tags: Thrillers, Suspense, Fiction
ISBN: 9788804552253
editore: Mondadori
pubblicato: 2005-06-14T22:00:00+00:00


XIII

Pioveva. Si udivano i consueti rumori, dall’appartamento di sopra e da quello di sotto. Donne intente alle faccende di casa. Per le scale, si udì il passo incerto di una vecchia. Nessuno era venuto a bussare alla porta, nessuno aveva telefonato.

Irina Asanova giaceva sul letto addormentata con la faccia pallida come d’avorio, ora che non aveva più la febbre. Lui aveva dormito vestito, qualche ora appena, sul letto accanto a lei, non essendoci in casa altro posto -

né un divano e neppure un tappeto - dove sdraiarsi. Lei non se n’era neanche accorta, né le sarebbe importato. Arkady guardò l’ora: le nove.

Si alzò, pian piano, per non svegliarla e andò alla finestra, guardò giù nel cortile. Nessuno. Comunque, doveva portarla da qualche altra parte. Ma non sapeva dove. A casa sua, no. Alberghi, neanche a pensarci: era illegale prendere una stanza d’albergo nella propria città di residenza. (Che motivo avrebbe, un onesto cittadino, per non pernottare a casa?) Qualcosa salte-rebbe fuori.

Quattro ore di sonno gli erano bastate. Era l’inchiesta a dargli la carica.

Ne era trascinato, come da un’onda, anima e corpo, abiti sgualciti.

La ragazza dormiva della grossa, e lui pensò che avrebbe continuato a dormire così per altre quattro ore, almeno. Per allora, lui sarebbe tornato.

Ora doveva andare da suo padre, dal Generale.

Percorse la strada detta ironicamente “della Gioia”, donde i condannati iniziavano a piedi il viaggio per la Siberia, superò le Officine Falce e Martello e imboccò la Statale 89, che correva fino agli Urali. Dopo una quarantina di chilometri, svoltò al bivio per Balobanovo. Prese una strada asfalta-ta fra pascoli punteggiati di mucche scure e campi dove i contadini erano intenti a seminar fagioli e abelmosco; quindi una strada di terra battuta, fra boschi così fitti che la terra era ancora coperta di neve intatta dal sole. Fra i rami si scorgeva il fiume Kliazma.

Raggiunse un cancello di ferro, qui scese e fece a piedi il resto della strada. Non erano passate automobili, per di là, di recente. L’erba cresceva in mezzo al sentiero. Una volpe gli passò quasi fra i piedi. Non udì cani abbaiare. Nel bosco c’era silenzio, a parte lo stormire della pioggerella fra le foglie.

Camminò per una decina di minuti e giunse a una villa di due piani, dal tetto spiovente. Di là dall’aia, una scalinata scendeva fino al fiume. Qui c’erano un piccolo molo, una barca e, all’ancora in mezzo alla corrente, una zattera di barilotti arancione. C’erano anche (almeno una volta) vasi di peonie lungo il molo. Quando si davano feste, c’erano lanterne cinesi, lungo tutta la scalinata, e attendenti in giacca bianca e guanti bianchi servivano da bere. Il riflesso dei lampioncini sull’acqua dava l’impressione di strani pesci venuti a galla attratti dalla musica.

Arkady guardò la casa. C’erano chiazze di muffa sui muri. La balaustra era contorta. La gramigna cresceva in giardino intorno a un tavolo ormai arrugginito; c’era una gabbia per conigli, vuota. Tutt’intorno crescevano pini sparuti e olmi inselvatichiti. L’atmosfera era di totale desolazione. L’unico segno di vita era dato da una sfilza di lepri morte, scorticate, bluastre e rosso scure.



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