Stato e anarchia by Michail Aleksandrovic Bakunin

autore:Michail Aleksandrovic Bakunin [Bakunin, Michail Aleksandrovic]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00

Ma chi sarebbe stato l’imperatore? Era questa la questione principale. Risultava chiaro che a quel posto non si poteva nominare che un imperatore austriaco o un re prussiano. Né Austria né Prussia ne avrebbero tollerati altri.

Le simpatie della maggioranza dell’assemblea andavano all’imperatore d’Austria. E ciò per parecchi motivi: primo, tutti i tedeschi odiavano e odiano la Prussia, come in Italia si odia il Piemonte. In quanto al re Federico Guglielmo IV la sua condotta sregolata e stravagante, prima e dopo la rivoluzione, gli aveva fatto perdere tutte quelle simpatie con le quali era stato salutato al suo avvento al trono. Inoltre tutta la Germania del sud per il carattere della sua popolazione, in maggioranza cattolica, e per le sue tradizioni storiche e i suoi costumi pendeva decisamente in favore dell’Austria.

Ma la scelta dell’imperatore d’Austria era comunque impossibile perché l’impero austriaco agitato dai moti rivoluzionari in Italia, in Ungheria, in Boemia e infine nella stessa Vienna, era sull’orlo di un abisso mentre la Prussia era armata e preparata malgrado l’agitazione nelle strade di Berlino, Koenigsberg, Posen, Breslavia e Colonia.

I tedeschi volevano, più fortemente della libertà, un impero forte e imito. Era chiaro per tutti che solo una Prussia poteva dare alla Germania un vero imperatore. E perciò se i signori professori, che avevano la maggioranza quasi assoluta nel parlamento di Francoforte, avessero posseduto una sola goccia di senso critico, una briciola d’energia, avrebbero dovuto senza starci a pensare nemmeno un momento, senza tentennamenti, pur se a malincuore, offrire immediatamente la corona imperiale al re di Prussia.

Federico Guglielmo IV l’avrebbe sicuramente accettata all’inizio della rivoluzione. L’insurrezione di Berlino, la vittoria del popolo sull’esercito l’aveva colpito al cuore; si sentiva umiliato e cercava un modo qualsiasi di redimersi e di restaurare l’onore regale. Non trovando di meglio s’aggrappò di sua propria iniziativa alla corona imperiale. Già dal 21 marzo, tre giorni dopo la sconfitta di Berlino, lanciava un manifesto alla nazione tedesca in cui dichiarava che allo scopo di salvare la Germania si era messo a capo della comune patria tedesca. Dopo aver scritto di proprio pugno questo manifesto, montò a cavallo e seguito dalla scorta militare si mise a percorrere trionfalmente le strade di Berlino con la bandiera pangermanica tricolore in pugno.

Ma il parlamento di Francoforte non capi o non volle capire quell’allusione piuttosto grossolana e anziché proclamare semplicemente imperatore il re di Prussia ricorse, come fanno sempre gli uomini miopi e irresoluti, a un compromesso che, senza risolvere la questione, era una offesa diretta al re di Prussia. I signori professori ritenevano necessario, prima di scegliere l’imperatore pangermanico, di dover elaborare una costituzione per tutta la Germania e formulare pure i diritti fondamentali del popolo tedesco.

I dotti legislatori impiegarono più di sei mesi per definire giuridicamente quei diritti. Affidarono i problemi pratici al governo provvisorio da loro creato e composto da un reggente di Stato irresponsabile e da un ministero responsabile. E ancora una volta detto reggente non fu il re di Prussia ma un arciduca austriaco.

Dopo la sua nomina l’assemblea di Francoforte volle che tutte le truppe della Confederazione gli prestassero giuramento.

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