Storia del gol by Mario Sconcerti

Storia del gol by Mario Sconcerti

autore:Mario Sconcerti [Sconcerti, Mario]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Il peccato dei giornalisti

Intanto in Italia si discuteva molto di tattica. Era una discreta novità. Il calcio ha vissuto per quarant’anni sospeso tra il Metodo e il WM di Chapman, ma pochi se ne accorgevano. Bastava che i tecnici più fantasiosi spostassero un giocatore e nasceva qualcosa che colpiva alle spalle. Il pubblico non andava per il sottile, quindi anche i giornalisti potevano osservare senza troppi problemi. Il paese era in fondo al suo miracolo economico, molte famiglie avevano ormai una macchina e gli elettrodomestici. Si poteva cominciare a discutere di calcio. Nessuno vedeva nient’altro che la partita a cui assisteva. Non c’erano televisioni, c’era poca radio e comunque non sarebbe mai stata sufficiente per un’analisi seria, mancavano quasi completamente anche gli osservatori. Si andava a vedere l’avversario della prossima domenica, non le squadre straniere.

È adesso che nasce il «Bar Sport», la pura chiacchiera calcistica. È spezzettata in decine di rivoli, tutti parlano di qualcosa che solo pochi hanno visto. Tra quei pochi ci sono i grandi giornalisti, gli unici che si spostano nello stadio più importante ogni domenica. In sostanza, gli unici che vedono davvero calcio e possono fare confronti. Questo porta alla nascita della prima competenza. Il giornalista è «uno che sa» perché è l’unico che può parlare con coscienza di causa. Va in trasferta con la squadra della città, oppure segue tutte le grandi partite. L’Italia può vedere calcio solo attraverso gli occhi dei giornalisti. La forza del calcio si alimenta del suo mistero. Se nessuno lo vede, tutti ne possono parlare avendo sempre ragione. Lentamente il pallone, sotto gli archi dei centri storici cittadini, nei bar dove si beve un caffè, si passa un pomeriggio e si gioca la schedina, sostituisce la politica. È il nuovo argomento dell’Italia che cresce.

L’arrivo così eclatante di Milan e Inter al fianco della Juventus crea nuove rivalità, dà un senso definitivo alla discussione. La grande mescolanza degli emigranti rafforza i sentimenti di piazza, generalizza l’ostilità. Il calcio diventa sia campanilismo sia piccolo cuore nazionale. Le vittorie di Rocco e Herrera riportano per la prima volta l’Italia in un contesto di successo dopo le umiliazioni della guerra. È come se dopo tanto tempo si ripartisse tutti alla pari. In questo cammino passionale e sinceramente tumultuoso, le prime firme dei giornali più importanti diventano dei sacerdoti. Certificano che il fenomeno esiste, testimoniano che il calcio accade. Sono gli unici che possono dirlo. Gli unici che possono interpretare, fornire argomenti alle discussioni. Questo rende i migliori estremamente popolari. Qualcuno, come Aldo Bardelli di «Stadio», quotidiano sportivo bolognese, entra addirittura nella commissione tecnica che guida per un periodo la Nazionale.

Il fuoriclasse assoluto è Gianni Brera. A lui il calcio deve molto. Brera inventa il linguaggio sportivo moderno, ribattezza i ruoli, i nomi delle squadre. Sua l’invenzione del termine «libero». Dopo poco tempo quel giocatore dietro la difesa si chiamerà «libero» in tutto il mondo. Brera sa scrivere, quando vuole, in un italiano semplice ed esatto, tra i migliori del secolo. Privilegia sempre il racconto.



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