Storia delle repubbliche italiane dei secoli di mezzo - Tomo X by J.C.L. Simondo Sismondi

Storia delle repubbliche italiane dei secoli di mezzo - Tomo X by J.C.L. Simondo Sismondi

autore:J.C.L. Simondo Sismondi [Sismondi, J.C.L. Simondo]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2013-10-28T23:00:00+00:00


CAPITOLO LXXX.

Mal intesa politica de' Veneziani nella amministrazione delle loro province d'oltremare. Perfidia di Ferdinando di Napoli, il quale fa perire Jacopo Piccinino. — Ultimi anni e morte di Francesco Sforza. — Turbolenze di Firenze sotto l'amministrazione di Pietro de' Medici; progetti e debolezza di Luca Pitti.

1464 = 1466.

I veri interessi dell'Italia si decidevano di quest'epoca sull'altra riva del mare Adriatico. Colà guerreggiavasi non per sapere se ogni stato aggiungerebbe ai suoi confini qualche città, qualche piccolo distretto, se ogni corpo nel governo, ogni fazione tra i cittadini conserverebbe le sue prerogative, ma per sapere se ancora vi sarebbe un'Italia, dopo che più non eravi nè Grecia, nè Macedonia, nè Illiria, se la religione, la nobiltà e l'onore nazionale non sarebbero distrutti, se i mercati non sarebbero saccheggiati, bruciate le città, gli uomini adulti presi come armenti, e venduti per una lontana schiavitù, i fanciulli strappati dal seno delle loro madri per reclutare la milizia de' giannizzeri, e diventare i nemici di quegli stessi che loro avevano data la vita. Il pericolo s'avvicinava, la potenza dei Turchi andava crescendo; inevitabile pareva la loro invasione, ed intanto l'Italia era ancora dormigliosa. Non erasi stretta alcuna lega tra le potenze per difenderla, non allestito un esercito, non apparecchiato un tesoro per sostenere le spese di un'imminente guerra; e se le bandiere della mezza luna avessero una volta varcato il mare Adriatico, tutti gli stati posti dall'estremità della Calabria fino alle Alpi sarebbero stati più rapidamente conquistati, e con molta maggiore facilità che i bellicosi regni dell'Epiro, della Macedonia, della Servia, della Bosnia, della Schiavonia, posti sull'opposta riva. Dobbiamo adesso esaminare quali interessi distraevano allora gl'Italiani, quai diverse cagioni facevano sì che non s'apparecchiassero a questa gran lotta. Ci resta a vedere il ducato di Milano passare ad un principe voluttuoso e crudele, le di cui viste non andavano più in là della sua vanità e de' suoi piaceri; il regno di Napoli indebolito dalla perfida politica di Ferdinando, che non ruinava i suoi domestici nemici che all'ombra dei trattati; la repubblica di Firenze in preda a fazioni, i di cui capi avevano perdute le virtù che illustravano i loro padri; papa Paolo II seminare la discordia, intento ad accendere una guerra universale per unire al dominio ecclesiastico alcuni piccoli feudi, che n'erano stati separati per giusti titoli. Ci sorprenderanno tante misere cose preferite a così alti interessi, ci sorprenderà questa dimenticanza così estrema della prudenza e della politica presso persone tanto famose per la loro saviezza, questa pazza sicurezza dei popoli che riposavano sull'orlo dei precipizj, e non potremo omettere d'osservare, che nelle epoche segnate da grandi rivoluzioni la cagione che le produsse deve meno ricercarsi nella forza di coloro che le eseguiscono, che nella debolezza di coloro che le soffrono, in quello spirito di stordimento e di vertigine che infetta talvolta le nazioni ed i loro capi, come una fatale epidemia, e che, accecandoli intorno al pericolo che li minaccia, li trae spesse volte nel precipizio che più dovrebbero temere.

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