Storia popolare del calcio by Valerio Moggia

Storia popolare del calcio by Valerio Moggia

autore:Valerio Moggia [Moggia, Valerio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Ultra
pubblicato: 2020-01-14T23:00:00+00:00


1 Terza Nazionale asiatica a qualificarsi per la fase finale dei Mondiali, dopo le Indie orientali olandesi, nel 1938 e la Corea del Sud nel 1954.

2 J. Warren, Sheilas, Wogs and Poofters, An Incomplete Biography of Johnny Warren & Soccer In Australia, Random House, 2002.

UN CALCIO CHE NESSUNO AVEVA CAPITO

L’esordio dell’Africa nera ai Mondiali è accompagnato da uno degli episodi più bizzarri della storia di questo sport: all’85° minuto di gioco della terza e ultima partita del girone, sul risultato di 3-0 per il Brasile sullo Zaire e con una punizione ravvicinata affidata al piede magico di Roberto Rivelino, il difensore Joseph Mwepu Ilunga, a gioco fermo, uscì improvvisamente dalla barriera per calciare la palla il più lontano possibile, sotto lo sguardo attonito dei brasiliani e di tutti i tifosi presenti allo stadio e davanti alla televisione.

Praticamente tutti scossero la testa, mentre l’arbitro ammoniva Ilunga e lo invitava a riprendere posto in barriera, ad aspettare il suo fischio. L’Africa era considerata dalla maggior parte dei tifosi europei e sudamericani il Terzo Mondo, non solo economicamente, ma anche sportivamente: nel 1934 l’esordiente Egitto era stato eliminato al primo turno dall’Ungheria per 4-0, e la successiva esperienza del continente ai Mondiali – quella del Marocco nel 1970 – si era chiusa anch’essa al primo turno, con sei gol subiti e due segnati, due sconfitte e un inutile pareggio contro la Bulgaria. Era inoltre opinione più o meno consapevolmente diffusa che i neri non sapessero giocassero a calcio, non fossero “geneticamente” o “culturalmente” portati per questo sport: un retaggio di pensiero razzista e ignorante, viste le storie dei primi grandi calciatori di colore come Andrew Watson, Arthur Wharton, José Leandro Andrade o Raoul Diagne, senza considerare giocatori come Coluna o Eusébio, africani ma cittadini portoghesi.

L’episodio di Mwepu Ilunga fu la più plateale riconferma di quella convinzione: gli africani nemmeno conoscevano le regole del gioco, ed era una vergogna concedere loro la possibilità di disputare un Mondiale accanto alle più forti Nazionali del pianeta, svilendo così una manifestazione sportiva di tale importanza. L’idea di João Havelange, il neoinsediato presidente della FIFA, di facilitare la partecipazione al torneo alle squadre dei continenti con la tradizione di football più recente, si trovava già di fronte a un grosso ostacolo.

Ma ovviamente nulla di tutto questo era vero: il football, in Africa, si praticava già da decenni, nonostante le autorità bianche e il loro razzismo istituzionalizzato avessero fatto di tutto per marginalizzare il calcio di colore e impedirne la crescita. Fra le vecchie potenze coloniali europee, solo in Francia e Portogallo era comune vedere calciatori neri. In paesi come Inghilterra, Belgio, Italia, Spagna e Germania nessun nero aveva ancora esordito in Nazionale1, e in Italia esistevano addirittura delle leggi che impedivano l’acquisto di giocatori stranieri e il loro impiego da naturalizzati in maglia azzurra.

Il problema, quindi, era puramente culturale ed europeo. Ma restava il fatto che Ilunga, quel bizzarro calcio al pallone fuori regolamento lo aveva effettivamente tirato: fino al 2002, quando lui stesso chiarì cosa fosse successo



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