Sulle tracce degli indoeuropei by Harald Haarmann
autore:Harald Haarmann [Haarmann, Harald]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bollati Boringhieri
pubblicato: 2022-10-17T22:00:00+00:00
Romanità : un concetto culturale ricco di sfumature
Sui decorativi tombini che nelle strade di Roma coprono lâaccesso al sistema fognario campeggia da tempi immemori la sigla SPQR, che è poi lâacronimo della formula senatus populusque romanus (il senato e il popolo romano). Tale formula risale allâepoca repubblicana (prima che, nel 27 a.C., Augusto fondasse lâImpero Romano). Lâamministrazione comunale ha adottato fino ai giorni nostri quellâantico simbolo repubblicano.
Agli inizi della storia di Roma, essere romani non aveva connotazioni politiche. Queste ultime si svilupparono solo nel corso del tempo, con la fondazione di uno stato romano e lâampliamento della sua sfera di potere. Tutto ciò che era in relazione con la città , il dominio romano, la produzione culturale dei suoi cittadini, il latino e i suoi locutori, e con lâidentità etnica, era definito fin dallâantichità romanus. In tempi di nazionalismo i romani, come rappresentanti della cultura romana, furono identificati con unâidea collettiva conforme alle teorie dellâepoca: quella di nazione culturale. Tra i popoli dellâantichità solo i greci e romani erano considerati degni di tale definizione, in quanto simili nel loro carattere alle «nazioni culturali» dellâEuropa occidentale del XVIII e XIX secolo.
Nellâantichità termini come romanus e romanitas erano usati in diverse circostanze:
â allâinizio era definito romano un abitante della città di Roma, in cui era nato e viveva. In origine questi romani di nascita si dividevano in tre gruppi etnici: latini, sabini ed etruschi;
â più tardi la definizione passò a indicare lâabitante di Roma con cittadinanza; si tratta di un appartenente al ceto sociale aristocratico cittadino, suddiviso in stirpi (gentes). Il diritto di cittadinanza, in origine, era prerogativa dei gentiles;
â più avanti ancora, furono considerati romani anche gli uomini liberi (cioè, non schiavi), indipendentemente dal luogo di nascita o di provenienza, che vivevano a Roma. Molti erano gli inurbati, anche da fuori Lazio, arrivati dalle province romane; tra loro scrittori e filosofi celebri come Plauto dallâUmbria, Ennio dalla Calabria, Virgilio dallâantica Andes (presso Mantova), Orazio da Venusia (Venosa), Ovidio da Sulmo (Sulmona), Seneca da Corduba (la spagnola Córdoba);
â lâespansione dellâImpero Romano determinò un allargamento del concetto al libero cittadino dellâImperium Romanum. Per lungo tempo furono considerati liberi romani soltanto gli abitanti del Lazio e di altre regioni popolate da genti italiche (osci, umbri, sabelli ecc.) che, dopo il loro assoggettamento, ebbero riconosciuta la cittadinanza (per esempio i sabini, collettivamente, nel 241 a.C.); molti di loro migrarono poi come colones nelle province romane;
â nel III secolo d.C. il diritto di cittadinanza fu esteso a tutti i sudditi liberi dellâImpero, pertanto non solo gli italici, ma anche iberi, galli, punici, germani e membri di altri popoli (per esempio, dellâAsia Minore e della Palestina) acquisirono il diritto di definirsi «romani».
Lâessere romano era una questione di modi di vita, di costumi, dellâabitudine a parlare latino e a essere cosmopolita; in tutto ciò lâappartenenza etnica o lâorigine delle proprie tradizioni religiose, che erano tutelate, non avevano un ruolo sostanziale. Nella stessa città di Roma, come pure in altre località dellâImpero Romano, erano diffusi tanto i culti autoctoni quanto quelli stranieri, ad esempio i culti di Cibele (Magna Mater) dallâAsia Minore, dellâegizia Iside o della celtica Epona.
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