Sylvia by Leonard Michaels

Sylvia by Leonard Michaels

autore:Leonard Michaels [Michaels, Leonard]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 58907629384a4d6e7f98a74da8592ced706057b8
editore: Adelphi


Manca solo una ventina di giorni alle nozze e abbiamo litigato. Non peggio di altre liti ma, così a ridosso, è sembrato più amaro, più sbagliato. Ho cercato di far alzare Sylvia alle otto, quando è suonata la sveglia. Lei ha strillato e si è tirata la coperta sopra la testa, esigendo di essere lasciata in pace. L’ho coccolata e cullata, cercando con molta gentilezza di farla alzare. Per me è importante – visto che stiamo per sposarci – cominciare a cercare di vivere in maniera normale, regolare. Lei sapeva cosa stavo pensando, l’ha presa come una critica. Si è rifiutata di alzarsi. Intorno a mezzogiorno si è alzata e ha detto che voleva comprarsi dei reggiseni e un abito da sposa. Voleva che l’accompagnassi. Ho detto che dovevo radermi; che non volevo entrare in un negozio di abiti da donna senza darmi una ripulita. La verità è che non ne avevo voglia. Sylvia ha detto che non importava come venivo. Mi sono rasato. Siamo andati. C’era vento, faceva un freddo tagliente. Lei ha detto che se avesse immaginato un freddo simile, non avrebbe insistito per farsi accompagnare. In un negozio di Eighth Street si è provata due vestiti. Il primo era rosso con la scollatura quadrata. Dava risalto alla sua carnagione, agli occhi e ai capelli. Le stava bene, ma un vestito rosso sembrava inadatto a un matrimonio. Non so nemmeno perché se lo sia provato. Forse pensava che quel vestito fosse un’eccezione, come se ci fosse un tipo di rosso che una sposa può portare. Ma, indubbiamente, le donava. Il secondo vestito era giallo con la gonna scampanata; la ingrossava notevolmente e faceva emergere una sfumatura giallognola nella sua pelle. Dopo, ha detto che nel negozio la mia faccia era deformata dalla disapprovazione. «Tu sai che sono un cesso, e lo so anch’io» ha dichiarato. Tornati a casa, si è seduta sul letto con il cappotto ancora addosso. Non avevamo combinato niente. Non si era comprata né i reggiseni, né un abito da sposa. Ho proposto: «Mettiamo un po’ in ordine». Ha detto di sì. La sua risposta mi ha sollevato e mi sono messo a raccogliere cose da terra. Sylvia ha notato la mia esibizione di energia, il mio ottimismo. Si è accasciata sul letto, sempre con il cappotto addosso, ha chiuso gli occhi e ha cominciato a scivolare nel sonno. Credo di aver intuito, già prima che si accasciasse, di aver commesso un grave errore: il mio attivismo non l’avrebbe ispirata a imitarmi. Ma non potevo trattenermi: era il mio modo di essere insensibile, di far finta di non conoscere i suoi veri sentimenti, il mio modo di non amarla. Vedendola stesa lì, con il cappotto addosso, ho rinunciato a rassettare. Era tutto così deprimente, io così stupidamente zelante e lei che crollava addormentata. Ero più consapevole che mai del caos a casa nostra, e nel mio cuore. Continua a dirmi che io penso che lei sia un cesso. Non le piace il suo viso, non le piace il suo corpo.



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