Tanta vita by Unknown

Tanta vita by Unknown

autore:Unknown
La lingua: ita
Format: epub
editore: Beat
pubblicato: 2016-03-15T00:00:00+00:00


2.

Il viaggio fin qui è stato un vero inferno grazie a mamma. Come sempre, siamo vive per puro miracolo. All’uscita dall’albergo ci siamo distribuite su due taxi. Bea e Flavia in uno; mamma, Inés e io nell’altro. Non appena siamo salite e ho visto il tassista, ho capito che ci sarebbe stato da divertirsi. Mamma aveva freddo e un umore pessimo. Si è seduta davanti.

Giunti alla Diagonal, il tassista ha deciso di sfidare la sorte, cercando di fare conversazione con lei. Mencía gli ha dato un po’ di corda finché il poveretto ha commesso l’errore di chiamarla “nonnina”. Mamma ha passato al setaccio il cruscotto dell’auto, studiando ogni dettaglio. Poi ha alzato lo sguardo e lo ha puntato sul gagliardetto appeso come una mezza salsiccia sullo specchietto retrovisore.

«Nonnina?» ha ripetuto Mencía in tono controllato, senza distogliere lo sguardo dal gagliardetto.

Il tassista ha fatto una risata da fumatore.

«Tranquilla, nonna. Alla sua età è addirittura un complimento. E poi, lei è una nonnina bellissima».

Inés, che aveva lo sguardo perso fuori dal finestrino, mi ha dato una gomitata tra le costole.

«Come è cambiata la città, vero, mamma?» ho detto subito, cercando di distrarla.

Errore.

«Sì, tesoro. Da ieri è cambiata moltissimo» ha tagliato corto lei con una voce che conosco fin troppo bene.

Il tassista l’ha guardata e ha fatto un’altra risata.

«Cazzo, è forte la nonnina».

Mencía si è voltata a guardarmi.

«Tesoro» comincia mentre imbocchiamo Avenida Hospital Militar a tutta birra. «Se una donna della mia età uccide qualcuno, non va in carcere, vero?»

Ahi.

«No, mamma».

«Sicura?»

«Sì».

Il tassista mi ha guardato nel retrovisore. Ho distolto lo sguardo.

«E come mai state portando all’ospedale questo schianto di nonnina? Le fa male qualcosa?» ha chiesto l’uomo, che aveva voglia di scherzare.

Mencía si è girata di nuovo.

«Passami la pistola che ho nella borsetta, Lía».

Silenzio. Il tassista non sorrideva più e ha spinto sull’acceleratore, saltando un semaforo giallo all’uscita dal raccordo.

«Nonna, per favore» è intervenuta Inés, poco in vena di scherzi.

«La pistola. Subito».

Il tassista si è innervosito e la nonna ci ha guardate tutte e due con un sopracciglio inarcato.

«Quella piccola».

Eravamo vicine all’ospedale. Ci è toccato fare a piedi il tratto che mancava, con un caldo che scioglieva l’asfalto. Grazie a mamma.

In ascensore abbiamo incontrato la moglie del dottor Arenal. Quando è entrata e si è trovata faccia a faccia con mamma, ha fatto il gesto di uscire, ma le porte si sono richiuse dietro di lei.

«Buongiorno».

Mamma l’ha guardata con aria enigmatica.

«La formula è giusta, il momento no».

È calato il silenzio.

«Come sta Tristán?»

Non abbiamo fatto in tempo a fermarla.

«Sta morendo. Il paziente sta sempre morendo, grazie».

La dottoressa ha serrato le labbra e si è portata una mano al lobo dell’orecchio, in cerca di un orecchino che oggi non c’era.

«Mi dispiace molto».

Terzo piano. Quarto...

«Sono contenta per lei».

Quinto.

«Se vi servisse qualcosa...»

Sesto. Sono scese due donne in nero. Zingare con qualche malato ricoverato.

«Non la chiameremo, non si preoccupi».

Finalmente siamo arrivate. Si sono aperte le porte e la dottoressa è uscita per prima. Ci ha salutato con un sorriso a metà e ha girato sui tacchi.

«A proposito» ha sparato Mencía dietro la sua schiena.



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