Terra Senza Tempo (1964) by Peter Kolosimo

Terra Senza Tempo (1964) by Peter Kolosimo

autore:Peter Kolosimo [Kolosimo, Peter]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 1964-05-14T16:00:00+00:00


Monna Lisa di Tartesso

Tartesso illustra fin troppo bene, purtroppo, quanto lo studioso lettone afferma. Essa non è irraggiungibile come le terre inghiottite dall'oceano, come i centri sconvolti da fenomeni tellurici d'inaudita potenza e seppelliti a chissà quale profondità. Tartesso è vicina, a portata di mano: possediamo descrizioni che circoscrivono la zona in maniera piuttosto dettagliata, eppure la città resta irreperibile.

Non lontano dalle foci del Guadalquivir si stendeva un tempo quello che i Romani chiamavano Lacus Ligustinus, ora ridotto ad una distesa paludosa. Da questo specchio d'acqua il fiume correva al mare in tre rami; e su una delle isole formate al suo sbocco pare sorgesse Tartesso, in cui alcuni studiosi, fra i quali il tedesco Adolf Schulten, identificano la capitale della famosa Atlantide.

Per diverse ragioni tale congettura non ci sembra accettabile: non possiamo tuttavia escludere che questa città-Stato — l'unica dell'Occidente preromano — fosse, in epoca antichissima, una colonia d'Atlantide, forse l'estremo punto di contatto con i domini di Mu.

Attraverso le cronache giunte fino a noi riusciamo a gettare uno sguardo soltanto all'ultimo periodo della civiltà di Tartesso, uno sguardo assai superficiale su appena 600 anni, dal 1100 a.C. alla scomparsa dell'importante centro, avvenuta intorno al 500 a.C. In quell'epoca Tartesso dominava tutto il meridione spagnolo, con Jerez, Siviglia, Cordova, Granata, Murcia, Cartagena, l'intera Andalusia. I suoi signori ci vengono dipinti come aristocratici amanti dei viaggi, della caccia, delle arti e delle scienze: ad uno di loro, un certo re Gargoris, lo storico latino Giuniano Giustino (3°-2° secolo avanti Cristo) ascrive il merito d'aver introdotto l'allevamento delle api; lo citiamo a titolo di curiosità, perché troppe favole corrono sull'argomento per poterne prendere una sul serio.

Comunque, della città non restano tracce, se si escludono le grosse pietre squadrate usate dai Romani per la costruzione d'altri centri, pietre che si dicono appunto provenienti dalle mura di Tartesso.

Molti oggetti, di contro, sono venuti a testimoniarci la grande civiltà dell'"Atlantide spagnola" ed a rendere ancor più appassionante il suo segreto. Il 30 settembre 1958, in seguito a lavori di costruzione intrapresi sulla collina di El Carambolo, nelle vicinanze di Siviglia, fu casualmente scoperto un tesoro d'inestimabile valore archeologico. Si tratta di 21 pezzi d'oro purissimo: una collana, due braccialetti, due pendagli e 16 piastre d'una corona o d'una cintura i cui motivi ci sorprendono non poco; alcuni di loro, infatti, ricorrono su vasi micenei, su tavolette da gioco d'avorio di Megiddo (un'antica città cananea), nelle pitture murali dei palazzi assiri e siriani di Khorsabad, Arslan-Tash, Tell-Barsib, in una tomba di Cipro, nelle statuette della Valle del Cauca (Colombia occidentale) ed in un celebre gioiello incaico rinvenuto a Cuzco, in Perù. A quest'ultimo paese ci riporta pure un bel vaso-bottiglia a forma di gallo, conservato nel museo di Cadice, che ha il suo corrispondente a Chimbote.

Chiarissimi influssi greci e fenici ha invece un'anfora di bronzo scoperta nel 1953 nei pressi di Don Benito, un oggetto che, come ci dice l'illustre archeologo spagnolo Antonio Bianco Freijeiro, docente all'Università di Siviglia e conservatore al Museo del Prado, supera per bellezza tutti gli altri rinvenimenti analoghi della penisola iberica.



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