The Company by Robert Littell

The Company by Robert Littell

autore:Robert Littell [Littell, Robert]
La lingua: ita
Format: epub, azw3, mobi
ISBN: 9788804521891
Google: cXxMPwAACAAJ
Amazon: B003VYBEBQ
editore: Penguin
pubblicato: 2004-04-15T08:54:57+00:00


SABATO 3 NOVEMBRE 1956

Al levar del sole Bernice scivolò dalla sua parte nel letto a una piazza e premette i seni contro la schiena nuda di Eugene. La sera prima si era presentato al suo appartamento più tardi del solito e la loro notte d’amore era durata a lungo. Eugene non aveva voluto prendere il peyote; senza, sembrava un po’ svanito e con la testa altrove.

«Sei sveglio?» gli bisbigliò Bernice in un orecchio. «C’è una cosa che dovresti sapere, amore.»

Stirandosi pigramente, Eugene aprì un occhio e, ammiccando, osservò trasognato i raggi di sole che filtravano geometricamente nella camera buia attraverso le lamelle delle veneziane. «Cos’è che dovrei sapere?»

«Ho capito da dove non vieni.»

«Da dov’è che non verrei?»

«Dal Canada. Tu non vieni dal Canada, amore.»

Eugene si girò supino e Bernice gli si abbarbicò sensualmente addosso, con il lungo corpo ossuto leggero come una piuma.

«Se non vengo dal Canada, allora da dove vengo?»

La punta della lingua di Bernice gli titillò l’orecchio. «Tu vieni dalla Russia, amore. Sei russo.»

Eugene aprì completamente gli occhi, del tutto sveglio. «Che cosa te lo fa pensare?»

«Parli nel sonno, borbotti cose che non capisco, certe parole strane in una lingua straniera.»

«Forse parlo francocanadese.»

Il corpo nudo di Bernice fu scosso da una risatina silenziosa. «Dici qualcosa come “knigi”. Ripeti spesso

“starik”.»

«A me sembra francocanadese.»

«Max mastica un po’ di russo perché prima della guerra ha fatto un viaggio di piacere a Mosca. Ehi, non preoccuparti, amore… gli ho detto di aver sentito chiacchierare due clienti in negozio e di aver pensato che fossero immigrati russi. Max me lo ha confermato. Dice che knigi in russo significa “libro” e che starik vuol dire “vecchio”.»

Eugene cercò di metterla sul ridere. «Forse in una precedente incarnazione ero russo.»

«Forse sei russo in questa incarnazione. Ma non è tutto qui. Ci sono altri motivi per cui ne sono convinta.

Ho notato che quando facciamo un viaggio e stiamo qualche giorno fuori città fai una cosa strana.»

«Ovvero?»

«Prima di uscire di casa ti siedi sulla valigia fatta. Ti ho parlato di mio nonno che veniva da Vilnius… Be’, faceva sempre la stessa cosa prima di un viaggio. Diceva che portava fortuna. Non so come tu abbia imparato a parlare americano con l’accento di Brooklyn, ma se non sei russo, amore, io sono Cleopatra.»

Eugene fissò negli occhi la sua donna. Stavano insieme da cinque anni. «E cominciato come uno scherzo, Bernice, ma non mi diverte più.»

Bernice si avvinghiò a lui e gli sussurrò nell’orecchio con aria complice: «L’altro giorno stavo passando l’aspirapolvere nel tuo appartamento sopra il negozio e ho scoperto il nascondiglio, sotto le tavole del pavimento, nell’armadio a muro. Ho trovato un’antenna flessibile, delle mazzette di banconote. Una quantità di mazzette. Non avevo mai visto così tanti soldi in vita mia. Ho trovato un apparecchio fotografico miniaturizzato, rullini, un aggeggino che sta nel palmo della mano e sembra una specie di microscopio. Ho trovato dei pacchetti di minerva con all’interno delle strane griglie composte da numeri e lettere». Bernice fu scossa da un brivido. «Sono così fiera di te, Eugene.



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