Un natale di Maigret by SIMENON GEORGES

Un natale di Maigret by SIMENON GEORGES

autore:SIMENON GEORGES
La lingua: ita
Format: mobi
editore: Arnoldo Mondadori Editore
pubblicato: 1978-02-18T23:00:00+00:00


II

Tra le impressioni più acute della sua infanzia André Lecoeur ne serbava una strana, di immobilità. Allora il suo universo era una immensa cucina, a Orléans, all’estremo limite della città. Aveva dovuto passarci gli inverni come le estati, ma la rivedeva sempre inondata di sole, con la porta aperta, con un cancelletto che il babbo aveva costruito una domenica per vietargli di andar solo in giardino, dove starnazzavano i polli e dove i conigli morsicchiavano tutto il giorno i loro tralicci.

Alle otto e mezzo il babbo partiva in bicicletta per l’officina del gas dove lavorava, dalla parte opposta della città. La mamma sbrigava le faccende di casa, sempre nello stesso ordine, saliva nelle camere da letto, metteva i materassi sul davanzale delle finestre.

E già, quasi subito, il campanello del fruttivendolo che spingeva la carretta nella strada annunciava che erano le dieci. Alle undici, due volte alla settimana, il dottore barbuto veniva a visitare il fratellino che era sempre malaticcio; nella sua camera egli non aveva mai il permesso di entrare.

Era tutto. Non capitava mai altro. Aveva appena appena il tempo di giocare, di bere il suo bicchiere di latte, e suo padre già tornava per la colazione.

Suo padre aveva fatto delle riscossioni in parecchi quartieri, aveva incontrato un mucchio di gente di cui parlava a tavola, mentre li da loro il tempo non era quasi trascorso. E il dopo pranzo, forse per via della siesta passava ancora più in fretta.

«Ho appena il tempo di sbrigare le mie faccende ed è già l’ora di mangiare» sospirava spesso la mamma.

Anche qui era un po’ la stessa cosa in questo stanzone della Centrale, dove l’aria era immobile, dove gli impiegati si intorpidivano, dove tutti finivano col sentire i campanelli e le voci come ovattate da un sottile strato di sonno.

Alcune lampadine che si accendevano sulla carta a muro alcune croci sull’agenda - un’auto era stata investita da un autobus in rue de Clignancourt - e già c’era una nuova chiamata dal commissariato di Javel.

Non era più il corpulento Jules, ma l’ispettore Gonesse quello che si era recato sul posto. Avevano avuto il tempo di raggiungerlo, di parlargli della casa di rue Vasco de Gama. C’era stato e ne tornava tutto eccitato.

«È lei, Lecoeur?»

C’era qualcosa di particolare nella sua voce, del cattivo umore o un sospetto.

«Mi dica un po’, come è stato che le è venuta in mente quella casa? Conosceva la Fayet?»

«Non l’ho mai vista, ma la conosco.»

A quel che succedeva in quella mattina di Natale erano almeno dieci anni che André Lecoeur ci pensava. Più esattamente quando lasciava vagare il suo sguardo sulla pianta di Parigi dove si illuminavano le lampadine, gli capitava di dirsi: “Un giorno, è fatale, si tratterà di qualcuno che conosco.”

A volte capitava qualcosa proprio nel suo quartiere vicino alla sua strada, ma non mai proprio dentro di essa. Come un temporale, si avvicinava e si allontanava senza sfogarsi nel luogo preciso dove egli abitava.

Questa volta invece era proprio successo.

«Ha interrogato la portinaia?» chiese. «Era alzata?»

Immaginava all’altro capo



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