Una disperata vitalità by Giorgio van Straten

autore:Giorgio van Straten [Straten, Giorgio van]
La lingua: ita
Format: epub
editore: HarperCollins Italia

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UNA PARTITA DI CALCIO

Un tempo si chiamava Coppa dei Campioni e potevano partecipare solo le squadre di calcio che avevano vinto il proprio campionato nazionale, ora si chiamava Champions League ed erano ammesse tre o quattro formazioni per ciascuno dei paesi più importanti. Nell’uno e nell’altro caso la squadra per la quale tifavano Giorgio e i suoi amici della chat, che pure era di gran lunga la più titolata a livello nazionale, aveva raccolto pochissime vittorie e molte cocenti delusioni. Ogni anno speravano che fosse quello buono e ogni anno finivano per essere eliminati o, al massimo, perdevano in finale, con grande soddisfazione di tutti gli altri tifosi italiani.

La situazione della loro squadra era, ancora una volta, preoccupante: avevano pareggiato in casa, due a due, nella fase a eliminazione diretta con una squadra londinese, e quindi l’unico modo per qualificarsi era vincere in Inghilterra.

Approfittando della necessità di andare a Roma per incontrare alcuni editori con cui collaborava, Giorgio decise di fermarsi per vedere la partita a casa del fondatore della chat, un suo vecchio amico, manager pubblico di alto livello nel recente passato, che si era ritirato a vita privata (o forse era stato costretto a ritirarsi: a quei livelli non era facile capirlo) per dedicarsi, oltre che al tifo calcistico, a scrivere libri, girare documentari e altre mille diverse attività, perché l’unica cosa che sembrava atterrirlo nella vita era non fare niente. A casa sua erano presenti alcuni dei componenti della chat, che avevano in comune il fatto di essere tutti mediamente famosi e di essere stati tutti mediamente sconfitti alle ultime elezioni. Rispetto alla seconda caratteristica faceva eccezione un giornalista, firma nota e penna capace di inaudita cattiveria, che mostrava una sorta di gusto autolesionistico nel ridicolizzare tutto quello in cui aveva creduto in passato, ignorando, quasi non lo interessassero o le desse per scontate, le mille nefandezze politiche e culturali che il resto del panorama dei partiti in Parlamento commetteva quotidianamente; d’altro canto, il fatto che dedicasse tutta la sua acribia a incidere col bisturi la carne viva della sinistra italiana non gli impediva, quando Giorgio lo incontrava al di fuori delle sue funzioni, di riservargli una gentilezza e un affetto – anche se spesso intessuto di una pesante ironia romanesca – che non smettevano di meravigliarlo. Si poteva essere buoni e cattivi allo stesso tempo?

Giovan Pietro, che tutti gli amici chiamavano Gipì, se ne stava seduto sul divano, in realtà semidisteso, per dare spazio alla sua pancia, ormai quasi pelato e con un’aria tutto sommato soddisfatta della sua apparente dissoluzione fisica.

Agitò un braccio verso Giorgio, che entrava.

«O Giorgio, ci sei anche tu stasera? Che bella cosa che tu sia venuto! Peccato che oggi ci buttino fuori. Fine. Come al solito, prima del solito.»

Anche Franco, lì insieme a uno dei suoi figli (il cui numero totale, frutto di due diversi matrimoni, ormai sfuggiva a Giorgio), agitò una mano, l’indice alzato e ben in evidenza, ma per segnalare il suo dissenso.

«Con le inglesi è impossibile perdere, dai retta a me.

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