Vincere a Roma by Sylvain Coher

Vincere a Roma by Sylvain Coher

autore:Sylvain Coher [Coher, Sylvain]
La lingua: ita
Format: epub
editore: 66THAND2ND
pubblicato: 2020-07-08T22:00:00+00:00


7. Denise Eeckaute-Bardery, La guerre d’Éthiopie et l’Opinion mondiale, atti del convegno all’Inalco, Parigi, 1986.

8. Filostrato, Vita di Apollonio di Tiana.

9. Cantico dei cantici, 1, 6.

Venticinquesimo chilometro

1h 20’47’’06’’’

Lo sai, mamma, che non seguo le piste a caso. Sai che non corro mai tanto per correre. A Roma come a Debre Zeyit conosco il mio scopo, tengo lo sguardo fisso sull’obiettivo. Non è che io corra meglio degli altri: è che nessuno corre come me! Dall’infanzia passata a sgambettare, a saltellare da un sasso all’altro senza mai sapere dove fermarmi, mi è rimasto il gusto della libertà e delle labbra spaccate dal vento. Per quale altro proposito dovrei economizzare le forze? Cos’altro potrei fare con l’energia sottratta alla corsa? Conta solo l’esecuzione perfetta delle falcate che ci porteranno, me e tutta l’Africa, verso una vittoria senza precedenti. La Storia si scrive sempre a Roma. A partire dal prossimo metro, i piedi su cui fisso lo sguardo sembrano sempre incompiuti. Coraggio, Abebe!, sussurra la Piccola Voce. Coraggio, presto sarai il primo a essere primo.

Sono in quattro? No, nel gruppo di testa ci sono tre corridori. E tra loro un nero! Un africano!

Trovare una crescita nella dinamica del movimento, consiglia la Piccola Voce. Dalla sorgente alla foce è un passo; arriviamo e poi ripartiamo dal punto di arrivo, come se non ci fosse luogo su questa Terra che ci vada bene – come se fossimo fatti per spostarci continuamente, per non stabilirci mai da nessuna parte. Le falcate si susseguono e noi dobbiamo tenere il conto; non puoi morire prima di aver finito. Finito per davvero. Se necessario stringiamo i pugni e ci forziamo a obbedire. Il raccordo romano è una sorta di purgatorio, un fuoco purificatore per i penitenti che siamo. Qui attraversiamo la sofferenza, sereni e speranzosi. La mia corsa è perfetta; non mi importa quanto durerà, visto che la meta è la vita eterna. Quello che faccio io potrebbe farlo chiunque: basta crederci, basta decidersi a voler arrivare primo – primo fra tutti quelli che vogliono arrivare primi. Un brivido mi corre lungo la schiena quando penso all’ultimo anno di allenamento con il maggiore Niskanen; i suoi immancabili incoraggiamenti, la preparazione alla svedese. La concitazione delle partite di basket e di calcio; il gesto lungo, l’appoggio anticipato del tennis; la sauna e i bagni freddi per il recupero. Le pause in silenzio, quando guardavamo il cielo come una pista ideale. Senza papà non sarei qui. Non mangerai il frutto di un albero alto senza ringraziare il vento, e oggi io ringrazio il vento e il frutto e l’albero che ha nutrito il frutto. Solo una settimana fa, giocando a polo dalle parti dell’Acqua Acetosa, parlavamo di questo giorno come se dovesse essercene uno solo. Il D-day dei Giochi olimpici e il primo dell’anno secondo il calendario giuliano – che della riforma copernicana se ne infischia. Ma in fondo faccio come abbiamo detto: corro e basta. Semplicemente. Corro con applicazione, senza annaspare; affino lo scenario perfetto che abbiamo preparato a lungo, qui come a Debre Zeyit, fin nei minimi dettagli.



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