Vita Nostra. Tentavi ed errori by Marina Djačenko & Sergej Djačenko

autore:Marina Djačenko & Sergej Djačenko [Djačenko, Marina & Djačenko, Sergej]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Fazi
pubblicato: 2024-07-23T09:03:27+00:00

4

A metà dicembre nevicò. La prova di Specialità applicata era stata fissata il 16, quella di Specialità analitica il 20.

Sterch le mise “ottimo” sul libretto senza battere ciglio. Dopodiché rimasero seduti nell’aula in silenzio. Fuori era già calato il buio; Saška rivolse mentalmente duecento discorsi di ringraziamento a colui che le sedeva di fronte, ma non si lasciò scappare ad alta voce neanche una parola.

Il file inviato tre mesi prima dall’utente sconosciuto conteneva cento esercizi, dai più semplici ai più complessi. Erano difficili ma avevano un senso, un sistema, come quelli di Portnov del primo anno. Ti costringevano a impegnarti ma non ti riducevano a pezzi, non ti scioglievano nell’acido come gli schemi riprodotti sulla lavagna dall’istruttore nel loro ultimo memorabile incontro.

Tutto l’istituto sapeva che Saška aveva saltato le lezioni di Specialità analitica. Colse gli sguardi che i suoi compagni di corso si scambiavano proprio davanti a lei. «L’hai passato?», le domandavano con gli occhi. «Samochina, hai saltato le lezioni e l’hai passato lo stesso?». Liza, accigliata, vomitava fiumi di cattiverie sulle compagne. Kostja non trovava pace; Saška avrebbe voluto avvicinarsi e chiedergli scusa, tranquillizzarlo in qualche modo, ma ogni volta si faceva violenza, metteva da parte i suoi desideri, temendo che l’ira dell’istruttore si riversasse su di lui. Una volta non si era trattenuta, gli aveva comprato in edicola una cartolina con un tenero coniglietto e gliel’aveva infilata sotto la porta.

Lui era stato così contento di ricevere le sue attenzioni che non era riuscito a nasconderlo. A quel punto Saška si era resa conto con orrore che Kostja le avrebbe perdonato tutto, qualsiasi cosa: offese, disprezzo, indifferenza. Era un’idea spaventosa, che la rendeva infelice.

Saška era andata puntualmente a lezione da Sterch, senza mai tardare nemmeno di un secondo. Lui aveva mantenuto nei suoi confronti un atteggiamento riservato e piuttosto formale. Non aveva commentato mai le sue assenze dalla classe dell’istruttore e lei non gli aveva mai confessato apertamente quanto avesse apprezzato quel file su cui si era esercitata. Saška non osava immaginare in che modo l’istruttore si sarebbe potuto vendicare se avesse scoperto il gesto del collega.

Ogni mattina aveva aperto un nuovo audio didattico, il compito di routine di Sterch. Indossava le cuffie, tratteneva il fiato e si metteva ad ascoltare il silenzio. Poi si lasciava invadere da quel non-suono estraneo e, con uno sforzo di volontà, lo rielaborava: fondeva il silenzio di un cimitero innevato e ne ricavava l’assenza di suoni di una stazione spaziale abbandonata, poi il silenzio di una piazza gremita un attimo prima di un’esecuzione e quello di un nervo uditivo danneggiato. Rovesciando il non-suono, lo esprimeva nella mente attraverso tutto ciò che silenzio non era: il respiro di un bambino addormentato; il fruscio delle squame di un serpente sulla sabbia; il suono di una pagina che viene girata; un fischio d’aria che passa da un buco. Più aveva riordinato i significati, più quelli si erano fatti trasparenti, e lei non aveva potuto scegliere per loro definizioni umane, ma esistere solo in quel non-suono estraneo, cui aveva permesso di passarle attraverso.

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