All'ombra della cattedrale by Nerea Riesco

All'ombra della cattedrale by Nerea Riesco

autore:Nerea Riesco [Riesco, Nerea]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: pag.471
editore: 2011
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Entrò nel patio interno e girò a sinistra, verso la sala. Molti anni dopo avrebbe ricordato quel momento come il giorno in cui il cuore gli divenne duro come la pietra. Li vide all'improvviso.

Vide Julita e i suoi nonni morti a terra, pallidi, in un lago di sangue. Su un tavolino era posata la teiera, un vassoio e quattro tazze con i rispettivi piattini. Abel sentì contrarsi lo stomaco e non riuscì a dominare i conati, che lo costrinsero a piegarsi in due e vomitare sul tappeto. Uscì in strada barcollando, inspirando l'aria a grandi boccate perché l'odore metallico del sangue gli era rimasto incrostato nelle fosse nasali.

«Chiamate le guardie, presto!» gridò prima di cadere in ginocchio e scoppiare a piangere con il viso fra le mani.

La cappella funeraria della famiglia de Haro cominciava ad affollarsi, ma doña Julia decise comunque di metterla a disposizione di Cristóbal per seppellire la figlia.

«Sono pur sempre la sua madrina», spiegò.

Tuttavia il maestro di laboratorio fu irremovibile: dichiarò di non volere creare altri problemi, ma in realtà non poteva sopportare che la carne della sua carne passasse l'eternità accanto a León de Montenegro. Doña Julia riuscì almeno a convincerlo a organizzare la veglia funebre nel patio di casa.

Portarono fuori dal laboratorio i tavoli da composizione e vi adagiarono il feretro di Julita. Le avevano fatto indossare l'abito di Santa Isabella, in modo che non si vedessero le ferite attraverso cui le era sfuggita la vita dal corpo. Il suo viso era sereno, illuminato da un lieve sorriso. Chiunque avrebbe pensato che stesse dormendo.

Vennero a prendere i suoi resti con un carro inviato dalle sorelle di Santa Isabella. Avrebbero sepolto il corpo di Julita nel loro convento, come ringraziamento per tutti gli anni di fedele servizio reso all'ordine. Monsieur Verdoux, Abel, Cristóbal e il figlio Cristo portarono la bara in spalla fino al loculo aperto in una delle cappellette della chiesa.

Camminavano in silenzio e senza lacrime, ascoltando il brusio delle preghiere e i sospiri delle monache.

La funzione religiosa era ormai finita da tempo, non restava più nessuno, ma Abel era ancora aggrappato al cancello della cappella, immerso in un lutto amarissimo, scosso dalla nausea per l'odore dolciastro dei fiori. Una delle sorelle lo avverti che si era fatto buio e stavano per chiudere le porte della chiesa.

«Andate a casa, ragazzo mio... ormai lei non soffre più.»

«No, quello che soffre sono io», ribatté lui disperato.

Camminò lento sotto un cielo venato d'arancione e violetto, a cui si affacciavano le prime stelle. Faceva freddo, ma lui non se ne accorgeva, straziato dal dolore perché Julita non sarebbe tornata mai più e lui era ancora nel fiore degli anni. I progetti, i sogni, la sua vita stessa erano stati chiusi in quella bara, dentro quella chiesa. Il suo corpo non valeva più nulla senza il corpo di lei. Cosa ne avrebbe fatto adesso di tutti i baci che sentiva sulle labbra, delle carezze riservate solo a lei, delle frasi d'amore con cui la cullava ogni notte? Aveva tenuto da



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