Angela prende il volo by Enrico Palandri

Angela prende il volo by Enrico Palandri

autore:Enrico Palandri [Palandri, Enrico]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli
pubblicato: 2000-11-14T23:00:00+00:00


A proposito, sono uscito per prendere la grappa. Sono qui fermo in mezzo al prato, balordo e ubriaco, a seguire questi pensieri come fossero la realtà mentre dentro gli altri aspettano da bere. Ascolto di nuovo le voci che arrivano dalla cucina e continuano a intrecciarsi intorno a discussioni, aneddoti, battute, salgono anarchiche e leggere tra le risate una sull’altra e poi si riordinano intorno al tono solido e centrale di un racconto. Chissà chi sta parlando ora che hanno smesso di ridere. Vedo le biciclette dei bambini abbandonate in fondo al prato e mi incammino per riportarle in garage. Mi allontano così ulteriormente dalla casa e le voci di Thomas, Angela ed Elena non mi raggiungono più. C’è una meravigliosa luna piena che illumina la riva del lago, fino all’inizio del bosco. Ho sentito altre voci tra gli alberi, un richiamo. Mi avvicino e l’aria che respiro si riempie di nostalgia. I rami si alzano ritmicamente nel vento, quasi cercassero di ripetere una frase che però gli sfugge quando l’aria si ferma e li lascia ritornare alla loro posizione originale. Sembra una cadenza musicale, maestosa e malinconica, il viaggio verso la soluzione di un accordo, la spiegazione di un bambino che cerca di allontanare il rimprovero che l’aspetta, la ribellione che critica il mondo e apre nuove prospettive ma deve finire il suo giro, arrivare a consolidarsi in un convincimento che non protesta più contro nessuno ed è solo se stessa. Mi adeguo con il corpo al ritmo dei rami nel vento, trattengo il respiro e poi lo lascio andare mentre cammino adagio verso l’acqua, lasciandomi rapire e riportare indietro dai ricordi. Adesso di nuovo il vento è caduto, resta solo una brezza sottile, ma io non so fermarmi, continuo a respirare forte, a ricordare e a camminare. Oltre questi alberi, in una spiaggetta nascosta, io ed Elena venivamo a fare l’amore. Era qui, dietro i pioppi. Cerco nella vegetazione che negli anni si è mangiata la riva le tracce di quello che eravamo durante le estati in cui abitavo a Milano e tornavo dai miei genitori per i mesi estivi. Sarei tornato, lo dicevo con un fatalismo un po’ esagerato, ma ero ancora vago sul quando o perché, gironzolavo intorno al mio futuro cercando di perdere più tempo possibile. Conoscevo Elena da sempre, suo padre era stato il professore di italiano nella scuola media del paese. Aveva voluto venire a insegnare al Nord e nonostante la proverbiale scortesia xenofoba dei nostri valligiani era restato qua, testardo e fedele a un progetto giovanile. Quando negli anni l’ho avuto come suocero ho davvero ammirato i sofismi che aveva elaborato per distinguere la cafonaggine settentrionale da quella meridionale e restare convinto della sua scelta. Gli mancava tutto, il sole e gli odori, la gente per strada e il mare, ma lui non cambiava idea. Gli studenti lo prendevano regolarmente in giro per la pronuncia, i paesani lo trattavano come fosse sceso da Marte e lui restava olimpicamente superiore a queste baggianate, raggiungendo anzi una purezza sempre più distintiva nel proprio accento napoletano.



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