Anime prigioniere by Ezio Mauro

Anime prigioniere by Ezio Mauro

autore:Ezio Mauro [Mauro, Ezio]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788807070501
editore: Feltrinelli
pubblicato: 2019-10-23T22:00:00+00:00


8.

La grande fuga

Berlino, agosto 1989

Prima qualcuno abbassò le tendine, in modo che non si potesse più guardare dentro. Poi, a mezzogiorno di mercoledì 9 agosto, l’usciere della piccola palazzina nel centro di Berlino Est, Hannoversche Straße 28-30, scese in strada, chiuse i due battenti della porta e sbarrò l’ingresso della rappresentanza diplomatica della Germania Occidentale aperta nel cuore comunista della Ddr. Era un tentativo di isolare la crisi, sequestrandola per non farla esplodere. Dentro, nel salone al pianterreno dove si tenevano i ricevimenti, e anche nei due uffici vicini, erano accampate da giorni decine di famiglie tedesco-orientali, che si erano consegnate all’avamposto diplomatico di Bonn chiedendo aiuto per scappare, raggiungere l’Occidente. Lunedì, all’improvviso, erano arrivati in 130, adesso erano 160. Uomini soli, con un fagotto, ragazzi con la fidanzata e due zaini, gruppi con padre, madre, bambini con i quaderni di scuola e anche il nonno. Erano usciti di casa alla spicciolata, come per una gita o fingendo di dover fare la spesa, al braccio la borsa del “non si sa mai” che di solito serviva a raccogliere quel poco che si trovava nei negozi, e oggi invece nascondeva vestiti, biancheria, maglie e camicie per l’avventura. Perché un tamtam sotterraneo, ostinato e ribelle li aveva avvertiti, tutti, che forse si poteva provare a fuggire, ma passando per la prima volta attraverso la porta ufficiale dell’altra Germania, nemica.

È una rivoluzione impensabile. Qualcosa di sconosciuto, impalpabile eppure chiarissimo attraversa l’aria di Berlino Est e infonde coraggio, dà speranza, scuote la rassegnazione. Voci, segnali, impressioni. Si dice che altri cento turisti della Ddr siano penetrati nell’ambasciata tedesco-occidentale in Ungheria, ventitré in quella di Praga, cinque a Varsavia, e tutti chiedono di andarsene, di non tornare indietro. Ma è qui a Berlino lo scandalo. Nel mezzo della città murata, castello e simbolo di tutta la Ddr, l’istinto di libertà ha portato quaranta famiglie a cercare la via di fuga proprio nel palazzo dell’altra Germania, sede del nemico e accesso all’Occidente in mezzo all’universo comunista: come se fosse il cancello attraverso cui si entra in un’altra dimensione, il varco politico della fantascienza.

Quel passo aveva dovuto aspettare ventotto anni. Di colpo era diventato semplice l’impossibile, avvicinarsi a quell’indirizzo sotto gli occhi di un Paese intero, spingere la porta ed entrare, una volta per tutte. Ma per riuscirci si era dovuta spostare tutta l’inerzia della paura cresciuta nel dopoguerra, era stato necessario superare il grande interdetto della Guerra fredda, che sovrastava il Muro avviluppandolo, anzi giustificandolo. Un cumulo di azzardi disordinati ma univoci spingeva ormai da mesi contro quella porta, insieme con scricchiolii e cedimenti imprevisti nel centro e nella periferia del reame dell’Est, costruito per durare per sempre.

L’impero traballava, man mano che il coraggio della popolazione incredula cresceva, e la debolezza del potere sembrava trasferirle il coraggio dell’inaudito, grazie alla potenza rivelatrice dello straordinario quotidiano che assediava Mosca e Leningrado: quel Solženicyn ad esempio, il grande eretico, che appare per la prima volta alla televisione sovietica, intervistato per un’ora; quel professor Oleg Adrianov, direttore dell’Istituto per



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