Aspettando al semaforo by Paolo Jannacci

Aspettando al semaforo by Paolo Jannacci

autore:Paolo Jannacci [Jannacci, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Biography & Autobiography, Composers & Musicians
ISBN: 9788852021152
Google: -jrJCKEK19oC
editore: Edizioni Mondadori
pubblicato: 2011-11-02T07:00:28+00:00


mangiassi chissà che cosa...

P. Ma non erano in più i

soldi dei tappi?

E. Erano in più, sì, ma...

secondo lei, 1800 lire (mi

ricordo, 1800 lire erano un

tappo) erano sufficienti per

mantenersi in vita giorno dopo

giorno?

P. Be’, buono, però.

E. È buono? E vada adesso a

chiedere 1800 lire, vedrà che

cosa succede...

P. Senta, l’ultima cosa sul

teatro, poi vado che sono in

ritardo...

E. Eh sì, è meglio...

P. Io ho visto una volta una

scena raccapricciante, che mi è

rimasta in mente. Salutando e

comunque andando a curiosare

nei camerini, ho visto gli attori...

Si chiamano attori?

E. Eh sì, si chiamano attori.

P. Gli attori... nel camerino,

brutto, piccolo, scrostato spesso,

e col lavandino un po’ sporco,

con un accappatoio marrone

indossato...

E. Marrone o blu.

P. ... guardare un po’...

guardare il vuoto. È normale?

E. Eh... È la storia, che

saltimbanchi si muore. Perché

uno ritorna dalle luci sfavillanti

del teatro e dalla meraviglia

della platea. Poi le luci in platea

si spegnevano e si accendevano

queste luci meravigliose che ha

fatto qualche coreografo bravo,

qualche scenografo bravo, e uno

si

trovava

immediatamente

vestito bene, vestito... Io non mi

sono mai truccato, per esempio.

Molti si trovavano a loro agio.

Io, come le dico, mi trovavo a

casa mia.

P. Poi però le luci si

spegnevano.

E.

Dopo

le

luci

si

spegnevano e lei lemme lemme

un po’ guardando le punte dei

piedi... io ogni tanto guardavo

sempre le punte dei piedi, io...

Infatti la storia dei piedi e le

scarpe sono sempre rimaste la

mia...

come

si

dice...

prerogativa. Guardavo i piedi,

guardavo le scarpe. Anche

adesso io con i piedi ci parlo.

Cioè... i piedi ci parlano e io sto

ad ascoltare, ma viene da quei

momenti là... e poco per volta,

più mi avvicinavo al mio

camerino – molte volte anche lo

dividevo con qualcuno – e più si

allontanava

quel

mondo

fantastico della platea, dove le

luci

poco

per

volta

si

spegnevano, perché io non ho

mai fatto parte di... – agli inizi

perlomeno – di star, di persona

importante.

Ero

uno

che

raccontava delle cose, eccetera,

e come arrivavo nel mio

camerino non mi sedevo subito,

mi appoggiavo al lavabo – una

volta è caduto anche, il lavabo,

me lo sono tirato addosso – e

sono rimasto lì seduto e ho

guardato in giro e dico: “Mi sun

chi a faa? (Io sono dietro qui a

fare?) Per 1400 franc al dì...

(Lavorare quattro, cinque, sei

ore, provare, girare, forcare

eccetera, ma per far che roba?)”.

Per fare che roba? Da lì è nata

fuori “Per fare che roba”: era un

mio discorso interno. Tanto alla

fine tu ti illudi di entrare in un

mondo fantasmagorico, pieno di

luci, pieno di applausi (quando

ci sono, speriamo...) e invece ti

ritrovi saltimbanco che... ci

lascia la pelle, ecco.

P. Quindi il teatro è orrendo.

E. Il teatro per certi versi è

orrendo.

P. Bene.

E. Bene lo dice lei.

P. Arrivederla.

E. Arrivederci.

Milano

P. Ma... scusi, ma è possibile

che la trovi anche qui? Ma

siamo sul tram.

E. Io viaggio solo in tram.

Viaggio in tram.

P. Ho capito ma...

E. Ho provato a fare una

Milano-Tortona in tram solo che

si è fermato un po’ prima,

capisce? Poi cosa c’entra, cosa

crede di essere l’unico che

gira... che gira aspettando il

tram? Eh, c’è pieno di gente che

va in tram.

P. Ho capito ma... ma

incontrarla anche qua mi sembra

impossibile.

E. Nulla è impossibile in

questo

mondo.

Nulla

è

impossibile. Soprattutto il tram,

il tram è... è la magnificenza del

creato, il tram è... il massimo

che si possa... cui si possa

aspirare quando si è giù dal

tram. Quando uno è giù dal tram

e vede passare un tram è... deve

guardarsi

intorno

e

dire:

“Mamma mia, ma guarda te in

che mondo mi son trovato, pensa

che se arrivavo tre, quattro ore

fa capitava che magari non lo

vedevo”.



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