Buttafuoco Pietrangelo - Abbate Carmelo - 2017 - Armatevi e morite by Buttafuoco Pietrangelo - Abbate Carmelo

Buttafuoco Pietrangelo - Abbate Carmelo - 2017 - Armatevi e morite by Buttafuoco Pietrangelo - Abbate Carmelo

autore:Buttafuoco Pietrangelo - Abbate Carmelo [Buttafuoco Pietrangelo - Abbate Carmelo]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Political Science, Commentary & Opinion
ISBN: 9788820097547
Google: yTo2DwAAQBAJ
editore: Sperling & Kupfer
pubblicato: 2017-09-18T22:00:00+00:00


Guardie e ladri

DI ladri, tra gli italiani, non se ne trovano più. «Quelli che c’erano si sono fatti tutti eleggere», dice Enrico Brignano. E ogni volta cade giù il teatro dagli applausi.

Brignano traduce in lingua comica, fino a farne un esorcismo, quello che nel sentimento diffuso di tutti, e in specie del signor Veneranda, è un appuntamento obbligato: i ladri in casa. È un irresistibile monologo, un magnifico pezzo di teatro (tratto da A sproposito di noi, uno spettacolo del 2009), che l’attore, forte dell’istinto di popolo, aggiorna continuamente, giusto a seguire le pazzotiche evoluzioni del disegno di legge discusso dal Parlamento italiano sulla legittima difesa.

Non ci sono più i ladri di una volta, quelli nostrani, come il buon Totò che scappa da Aldo Fabrizi al suo inseguimento. Il tormentone di oggi, e ne parleremo più avanti, è tutto nel DE-MAtTINO (la parodia del tormentone Despacito realizzata da Party Zoo Salento, in riferimento alla legge che consente di sparare ai ladri solo di notte), ma l’Italia neorealista, ancora in zona Ladri di biciclette, s’annuncia sempre col colpo di pistola sparato in aria «a scopo intimidatorio».

L’inseguimento di Totò e Aldo Fabrizi trova una sosta poetica in questa scena: il Ladro è stanco di correre, la Guardia ancora di più. Entrambi hanno il fiatone, lamentano acciacchi, a tutti e due punge la milza sul fianco. Fabrizi fa un cenno con la mano come a dire «vieni qua», Totò, nel suo vantaggio, risponde di no col dito. Anzi, mima contro Fabrizi la panza, mentre per se stesso, sempre col dito mignolo, vanta la magrezza che gli consente di correre ancora.

Quello che segue è il dialogo tratto da Guardie e ladri, un film del 1951 scritto e diretto da Mario Monicelli e da Steno.

Guardia: «Ti sparo, sai?»

Ladro: «Non puoi».

Guardia: «Perché?»

Ladro: «Puoi sparare solo per legittima difesa… io non offendo».

Guardia: «Vabbè, allora sparo per aria a scopo intimidatorio».

Ladro: «E vabbè, io non m’intimido e sto qua».

L’Italia in bianco e nero fa del ladruncolo e del poliziotto un unico afflato, una comune afflizione nel capovolgimento dei ruoli: il dover fare il ladro del ladro, e il rammarico di doverlo arrestare da parte del poliziotto.

Tutto il grande romanzo della commedia all’italiana è scritto rispettando lo statuto dolceamaro del tengo famiglia.

In Pane, amore e fantasia di Luigi Comencini (1953) e nelle altre pellicole che faranno seguito al popolarissimo film, il maresciallo Carotenuto Antonio, interpretato da Vittorio De Sica, trasfigura i propri alamari di rappresentante della Legge nelle ali di umanissima guida morale, di soccorrevole e partecipe angelo custode di quella parte di umanità che gli spetta di sorvegliare più nella santa pazienza che nel castigo.

Pezzi di pane, le guardie. Altrettanto pane, i ladri. Ne I soliti ignoti (1958), ancora un film di Monicelli, la banda conclude uno scasso andato male in cucina e svuota una pentola di fagioli. Il soggetto, che riprende una novella di Italo Calvino, Furto in una pasticceria, è dunque scavato in un canone alto dell’identità letteraria, e se di ladri oggi tra gli italiani



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