Buzzati Dino - 1940 - Il deserto dei Tartari by Buzzati Dino

Buzzati Dino - 1940 - Il deserto dei Tartari by Buzzati Dino

autore:Buzzati Dino [Buzzati Dino]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Fiction, General, ABC Amber Text Converter http://www.thebeatlesforever.com/processtext/
ISBN: 9788852031458
Google: 8mn06ymSh8kC
editore: Edizioni Mondadori
pubblicato: 2012-12-06T22:00:00+00:00


La guerra, la guerra pensò il colonnello e invano cercava di scacciarne il pensiero, come se fosse desiderio proibito. Alle parole del Matti la speranza si era risvegliata ed ora lo riempiva di orgasmo.

Turbinandogli così la mente, il colonnello si trovò ad un tratto nella sala delle riunioni, dinanzi a tutti gli ufficiali schierati (eccetto quelli in servizio di guardia).

Sopra la macchia azzurra delle divise splendevano di pallore facce singolari, ch'egli stentava a riconoscere; giovani o avvizzite esse gli dicevano tutte la stessa cosa, con gli occhi accesi di febbre chiedevano avidamente a lui il formale annuncio che erano giunti i nemici. Diritti sull'attenti, tutti lo fissavano, con la pretesa di non essere defraudati. Nel grande silenzio della sala si udiva soltanto il respiro fondo degli ufficiali. E il colonnello capì che doveva parlare. Fu in quegli attimi che si sentì invadere da un sentimento nuovo e sfrenato. Con meraviglia, senza scorgerne le ragioni, Filimore ebbe l'improvvisa certezza che gli stranieri erano veramente nemici, determinati a forzare il confine. Non capiva proprio come fosse successo, lui che fino a un momento prima aveva saputo vincere la tentazione di credere. Si sentiva come trascinar via dalla comune tensione degli animi, capiva che avrebbe parlato senza riserve. «Signori ufficiali» avrebbe detto «ecco giunta finalmente l'ora che aspettiamo da molti anni.» Questo avrebbe detto, o qualche cosa di simile, e gli ufficiali avrebbero ascoltato con gratitudine le sue parole, autorevole promessa di gloria.

In questo senso egli stava oramai per parlare, ma ancora, dai recessi del suo animo, si ostinava una voce contraria. «E' impossibile, colonnello» diceva questa voce «sta'

attento fino a che sei in tempo, c'è uno sbaglio (troppo bello altrimenti), sta' attento perché c'è sotto un madornale sbaglio.»

Nella commozione che lo stava invadendo, affiorava ogni tanto questa voce nemica.

Ma era tardi, l'indugio cominciava a farsi imbarazzante. E il colonnello fece un passo avanti, alzò la testa come era sua abitudine quando cominciava a parlare, e gli ufficiali videro che il suo volto si faceva improvvisamente rosso: sì, il signor colonnello arrossiva come un bambino, perché stava per confessare il geloso segreto della propria vita.

Era delicatamente arrossito come un bambino e le labbra stavano per emettere il primo suono, quando la voce ostile si ridestò dal fondo dell'animo e Filimore ebbe un tremito di sospensione. Gli parve allora di udire un passo precipitoso che saliva le scale, che si approssimava alla sala dove essi erano riuniti. Nessuno degli ufficiali, tutti tesi al loro comandante, se n'accorse, ma le orecchie di Filimore in tanti anni si erano addestrate a distinguere le minime voci della Fortezza. Il passo si avvicinava, non c'era dubbio, con inconsueta precipitazione. Aveva un suono estraneo e squallido, un suono da ispezione amministrativa; veniva direttamente, si sarebbe detto, dal mondo della pianura. Il rumore giungeva ora distinto anche agli altri ufficiali e li ferì volgarmente nell'animo, senza che si potesse dire il perché. Si aprì alla fine la porta e comparve uno sconosciuto ufficiale dei dragoni, che ansimava dalla fatica, coperto di polvere.



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