Buzzati Dino - 1978 - I misteri d'Italia by Buzzati Dino

Buzzati Dino - 1978 - I misteri d'Italia by Buzzati Dino

autore:Buzzati Dino [Buzzati Dino]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788852051340
Google: lyYwBQAAQBAJ
editore: Edizioni Mondadori
pubblicato: 2014-11-10T23:00:00+00:00


La storia del bambino-feticcio

Ortona, agosto 1965

Alberto Melisana, corrispondente del «Corriere» da Pescara, e Franco Manocchia, direttore della «Gazzetta di Pescara», mi hanno gentilmente accompagnato qui a Ortona per aiutarmi, loro due pratici dell’ambiente, in una intervista alquanto difficile.

Si trattava di intervistare un uomo uscito in carne ed ossa dalle tenebre del Medioevo, uscito dai più sozzi e crudeli ludibri dell’epoca nera, uscito da una investitura di mistero e di morte, uscito fumigante ma ancora vivo dalla pentola del demonio.

E volevo persuaderlo a tirar fuori tutto questo bitume, a raccontarmi quello che si ricordava in ogni minimo particolare, mortificazione e vergogna, perché è una delle storie più folli e buie del Sud che abbia mai udito.

Si arrivò in automobile ad Ortona che saranno state le sei del pomeriggio. Faceva caldo, Melisana e Manocchia chiesero a un caffè dove si potesse trovare Giovannino Lucci, e avverto subito che questo non è il nome giusto, ma io gli ho fatto promessa formale di non nominarlo: tanto, quelli del posto capiscono al volo e, per gli altri, che si chiami Tizio o Tazio non ha la minima importanza.

Al caffè dissero che Giovannino Lucci, che loro sapessero, lavorava al comune e abitava in quel certo rione, uno anzi specificò che il Lucci, al comune, faceva l’usciere.

Ci portammo al quartiere indicato e chiedemmo informazioni a un giovanotto corpulento e accaldato.

Ci disse che anche lui lavorava al comune e ci indicò la strada dove abitava il Lucci, era proprio a due passi, doveva essere, disse, la prima o la seconda casa a sinistra.

L’etichetta col nome Giovanni Lucci era proprio la prima delle varie etichette alla porta della prima casa a sinistra, si tratta di moderne abitazioni a due piani costruite dal comune per i dipendenti.

Melisana e Manocchia dissero che era meglio io aspettassi fuori, loro entrarono e suonarono all’uscio del piano rialzato a sinistra, vennero fatti accomodare.

Dopo circa cinque minuti ricomparvero insieme al signor Giovannino Lucci ma subito capii che di intervista lui non ne voleva sapere.

Il Lucci è un uomo di trentatré anni, statura modesta, aspetto gracile, in certo modo acerbo e patito come dopo una lunga malattia. Anche il volto, affilato e intelligente, si direbbe porti il ricordo di antiche sofferenze. Le labbra sottili hanno spesso una piega beffarda e amara.

«No, no» diceva. «Vi ringrazio della visita e ho piacere di conoscere il signor qui, ma vi giuro che ne ho abbastanza dei giornali. Scusatemi ma non dirò più niente.»

«Perché? Sono state stampate delle inesattezze?»

«Non dico questo. Erano anche cose esatte ma senza nessun rispetto. Ormai mi sono rifatto una vita, ho una famiglia, di quella maledetta storia non voglio più sentir parlare.»

Eravamo fermi sul marciapiede. Da una finestra del piano rialzato due bambini e una donna stavano osservandoci. Quella era la pulizia, la serenità, la salvezza, dopo trent’anni di umiliazione e di tortura non ancora interamente esaurite.

Non era, in fondo, turpe che noi si volesse costringere l’uomo a disseppellire l’obbrobrio e a spalancarcelo dinanzi? Pensai a certi incettatori senza scrupoli che con abbiette diplomazie inducono l’ingenuo contadino a vendere per tre soldi l’antico canterano di famiglia.



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