Canto al deserto by Maria Rosa Cutrufelli

Canto al deserto by Maria Rosa Cutrufelli

autore:Maria Rosa Cutrufelli [Cutrufelli, Maria Rosa]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788820096199
editore: Frassinelli
pubblicato: 2017-02-21T04:00:00+00:00


11.

RICOSTRUIRE la meccanica dell’agguato risultò estremamente semplice, sia per gli inquirenti sia per i giornalisti. Rispondeva a uno schema fisso, a una tecnica sperimentata molte volte, in molte occasioni, con poche varianti per lo più assolutamente casuali.

Anche la scelta del giorno poteva essere casuale. Ma qualcuno sottolineò l’inclinazione dei siciliani per i riti, i simboli, la ricerca di significati occulti, di messaggi cifrati. Inclinazione che in Cosa Nostra diventa metodo e prende la forma di una vera e propria passione, ossessivamente perseguita. Forse perché la menzogna, ineliminabile debolezza umana che risolve tanti problemi di grande come di minima portata, non rientra nel codice dell’onore mafioso. E allora, quasi per compensazione, ogni parola, ogni gesto, in ambiente di mafia, vanno oltre il loro significato letterale e immediato, tendono sempre a trascenderlo. La comunicazione diventa una rete complessa di segni da decrittare, dentro cui si annidano con maggiore facilità l’inganno e il tradimento.

A ogni modo, fosse per scelta o fosse per caso, indubbiamente l’esecuzione avvenne in un giorno particolare.

Era il 2 di novembre. Non un giorno di lutto, in Sicilia, ma di festa. Adesso le abitudini si sono modificate, tendono a uniformarsi alle usanze che vigono di là dallo Stretto. Ma una volta non era Gesù Bambino, non era la Befana a lasciare doni ai piedi del letto. Erano i morti che portavano dolci e regali ai bambini dell’isola. Perché il valore sta nella morte, non nella vita.

Era il 2 di novembre. Si andava avvicinando l’ora di pranzo ma le strade del centro erano ancora affollate. Francesco camminava sul marciapiede di una traversa del corso insieme a Liborio, un cugino della stessa età. In mano teneva un vassoio di dolci, appena comprati e incartati con lucida carta verde nella pasticceria alle sue spalle, ormai a qualche metro di distanza.

Avevano sedici anni. Toccava a loro comprare i dolci per i cuginetti più piccoli. Erano grandi, Francesco e Liborio. Non trovavano più sul tavolo, la mattina del 2 di novembre, frutta secca, noci e pupi di zucchero. E la nonna non andava più a grattare i piedi a Francesco, di notte, per poi chiedergli: «Hai sentito i morti?»

Camminavano distratti e in silenzio, i due cugini, tirati a lucido per il pranzo di festa. Liborio aveva al polso l’orologio nuovo, placcato in oro, con il quadrante grande e le lancette fosforescenti che si vedevano anche al buio. L’altro indossava un giubbetto nero da motociclista, più morbido e caldo di quello che aveva sempre invidiato a Tina. Con quel giubbetto era salito sull’autobus dietro a Sara e aveva trovato finalmente il modo di farle la dichiarazione. Lei s’era messa a ridere scoprendo i denti zuccherini come pasta di mandorle, ma poi gli aveva detto: «Sempre quest’autobus prendo». Come se lui non lo sapesse.

Nella stradella non passavano macchine. E anche le voci della folla giungevano attutite. Poi dal rumore di fondo, lontano, del traffico si staccò un raspare più forte di motorino. Automaticamente Francesco registrò il cambiamento. Alzò gli occhi. Dal fondo della strada avanzava una vespa bianca.



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