Come Mussolini divenne il Duce by Antonio Carioti

Come Mussolini divenne il Duce by Antonio Carioti

autore:Antonio Carioti [Carioti, Antonio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Solferino
pubblicato: 2023-01-15T00:00:00+00:00


Il fascismo e la Chiesa, alleati rivali

Intervista con Lucia Ceci

Lucia Ceci insegna Storia contemporanea al­l’Univer­sità di Roma Tor Vergata. Ha pubblicato, tra l’altro: L’interesse superiore. Il Vaticano e l’Italia di Mussolini (Laterza, 2013) e Il papa non deve parlare. Chiesa, fascismo e guerra d’Etiopia (Laterza, 2010). Con lei abbiamo affrontato il problema dei rapporti tra il regime e la Santa Sede fino ai Patti Lateranensi del 1929.

Mussolini ha un passato di mangiapreti e il primo programma del fascismo ha un forte carattere anticlericale. Come mai queste posizioni vengono abbandonate piuttosto in fretta?

Il punto di svolta è l’insuccesso dei Fasci di combattimento nelle elezioni politiche del novembre 1919. Mussolini si rende conto che lo spazio politico da occupare non è a sinistra, ma al centro e a destra, dove il maggiore concorrente è il Partito popolare italiano di don Luigi Sturzo. Qui nasce l’esigenza di accreditarsi da una parte presso la Chiesa nella sua veste istituzionale, dall’altra presso un ceto medio legato per molti versi ai valori cattolici. L’anticlericalismo di Mussolini, sin dai tempi della sua militanza socialista, non era di maniera, né aveva motivazioni prettamente filosofiche: aveva soprattutto finalità politiche. Gli articoli che scriveva nel 1909 durante il suo soggiorno in Trentino, pieni di violente espressioni anticlericali, spesso anche volgari, derivavano per esempio dall’esigenza di polemizzare con il movimento cattolico, molto forte in quella regione, che aveva in Alcide De Gasperi il suo principale rappresentante.

Dunque l’opportunità politica è la bussola del leader fascista?

Sì. Era politico il suo anticlericalismo e sono tutte politiche le ragioni della svolta in senso favorevole alla Chiesa. A tal proposito è interessante ricordare un passaggio del primo discorso tenuto da Mussolini in Parlamento il 21 giugno 1921, che contiene un’esplicita apertura al Vaticano. L’intento è riassorbire il cattolicesimo nell’identità italiana tramite l’idea di Roma: non c’è un riconoscimento dei valori cristiani, ma un omaggio all’istituzione ecclesiastica, la cui longevità è associata al suo incardinarsi nelle strutture imperiali romane. Mussolini stabilisce così una continuità fra la Roma dei cesari, quella dei papi e quella fascista.

Nel 1922 viene eletto papa Pio XI, che già da arcivescovo di Milano aveva mostrato una certa benevolenza verso il fascismo. Se fosse rimasto pontefice Benedetto XV c’è da ritenere che i rapporti tra Mussolini e la Chiesa sarebbero stati più difficili?

Non è facile ragionare con i se nel campo dell’analisi storiografica. Ad accelerare la disponibilità di Pio XI verso il governo Mussolini è soprattutto il cambiamento del quadro storico. Il pontefice matura la convinzione, destinata a rivelarsi un’illusione, che attraverso il fascismo si possa cattolicizzare l’Italia. Ma anche Benedetto XV aveva un forte senso della Realpolitik, della necessità di dialogare con i governi in carica, tant’è vero che sotto di lui il Vaticano aveva preso contatti con l’esecutivo guidato da Vittorio Emanuele Orlando per arrivare a una soluzione della questione romana. Va ricordato poi che Pio XI mantiene in carica il segretario di Stato nominato da Benedetto XV, il cardinale Pietro Gasparri, a cui spetta il compito di curare i rapporti con le diverse cancellerie.



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