Triste America by Michel Floquet

Triste America by Michel Floquet

autore:Michel Floquet [Floquet, Michel]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Social Science, Anthropology, Cultural & Social, Sociology, General
ISBN: 9788854514669
Google: CpeWDQAAQBAJ
editore: Neri Pozza Editore
pubblicato: 2016-11-25T23:00:00+00:00


8. La sindrome Ferguson

Giornata eccezionale, il 4 novembre 2008. Che evento! Un presidente nero! Un presidente nero nel paese del Ku Klux Klan, della schiavitù e della segregazione. Un presidente nero nel paese dei linciaggi. È un momento storico. I media di tutto il mondo fanno incetta di superlativi, fanno a gara a ripetersi. La cosa formidabile è che è nero. È il primo giorno dell’America post-razziale. Che lezione. Ancora una volta, gli Stati Uniti illuminano il mondo. Come se, all’improvviso, avere un presidente di colore annunciasse progresso e modernità.

Sul Mall, la grande spianata al centro di Washington, la folla esulta. È soprattutto composta da neri, ma solo qualche anima triste lo sottolinea. Poiché si sostiene che tutto è sistemato. Certo, ci sono ancora i razzisti negli Stati Uniti. Si mormora persino che ci sia il rischio concreto di un attentato. Dopotutto, hanno pur sparato contro i presidenti bianchi. Ma sono solo pochi estremisti. Questo piccolo fremito di paura collettiva è delizioso, accresce la grandezza del momento. Qui si scrive davvero la storia, è per questo che lo si vuole eliminare... Non ci sarà mai il minimo tentativo di attentato contro Barack Obama.

Per sei anni, l’America vivrà negando la realtà. Per aumentare l’illusione, Obama fa qualche gesto simbolico. Nomina il primo ministro della Giustizia nero, il suo vecchio amico Eric Holder. Manda all’ONU, per rappresentare gli Stati Uniti, Susan Rice, anche lei nera. Si è estasiati. Prima di loro c’erano sì stati ad esempio Colin Powell, capo di Stato maggiore interforze, o Condoleezza Rice, segretario di Stato. Ma è come se non fossero mai esistiti. Infatti, com’è possibile essere neri e repubblicani...

Per sei anni, dal 2008 al 2014, la questione razziale verrà cancellata dai radar a favore di altri problemi. Le intemperanze di Wall Street, le ineguaglianze, l’accesso alla sanità, i matrimoni gay, il cambiamento climatico...

Il risveglio sarà tremendo. Il 9 agosto 2014 a Ferguson, nel Missouri, Michael Brown, giovane nero di diciotto anni, viene ucciso dall’ufficiale di polizia bianco Darren Wilson. Brown non è certo un chierichetto e si è mostrato aggressivo, ma non è armato. Wilson fa fuoco dodici volte. Beneficerà di un non luogo a procedere. La città si infiamma. Più che marce o manifestazioni, si tratta di rivolte. Almeno è così che l’America le percepisce. Il paese è traumatizzato dalle grandi rivolte degli anni Sessanta e, più vicino a noi, da quelle di Los Angeles. Nel 1992, nella grande città californiana, sei giorni di violenza e di saccheggio fanno 53 morti e più di 2000 feriti. Ci saranno 11.000 arresti. È lo scandaloso proscioglimento dei poliziotti bianchi responsabili di aver pestato a sangue il nero Rodney King a scatenare la sommossa. Per avere ragione dei rivoltosi, bisogna fare appello all’esercito. Anche alla guardia nazionale, naturalmente, ma poiché non basta, la Settima divisione di fanteria e la Prima divisione dei marines mandano rinforzi.

E se la storia si ripetesse? Non che stia accadendo la stessa cosa a Ferguson, tutt’altro. Qualche centinaio di manifestanti al massimo. Quasi altrettanti poliziotti. Nessuno rimane ucciso, ma due o tre negozi vengono incendiati, insieme a qualche automobile.



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