Con i piedi ben piantati sulle nuvole by Andrea Scanzi

Con i piedi ben piantati sulle nuvole by Andrea Scanzi

autore:Andrea Scanzi
La lingua: ita
Format: epub
editore: Rizzoli
pubblicato: 2018-01-22T16:00:00+00:00


Bocca Trabaria e altre meraviglie

Oggi caleremo il poker e faremo quattro strade mitiche per i motociclisti. Soprattutto due tra queste. Abi attende l’ultima e definitiva fase – martedì prossimo – della customizzazione, che la renderà nera in ogni sua parte (copridadi compresi). Punta lo stadio e da lì si dirige tronfiamente borbottante verso Palazzo del Pero. Si è alzata grintosa quasi come Clint Eastwood quando interpreta Gunny.

La prima tappa è San Giustino: è da lì che comincia la mitologica Bocca Trabaria. Facile, no? No, perché arrivato a Monterchi sbaglio e seguo per Città di Castello. Pazienza: una delle cose belle della moto è che se sbagli strada in auto ti incazzi mentre se ti capita in moto sei quasi felice. Forse però sto esagerando, perché adesso mi trovo in una zona industriale infinita. Proseguo a caso e mi trovo in un paese dove le strade non hanno nome. Solo che non sono dentro la canzone degli U2, ma a Selci. Lo capisco solo perché lo chiedo alla commessa sgarzolina di un bar nominato Kointreau (sì, scritto così). Faccio il figo con la tipa come Nardella quando si finge Clooney per conquistare la Concia, ma non funziona granché.

Riparto e finalmente sono a San Giustino con un surplus di quindici chilometri. Comincia la totemica Bocca Trabaria, 1049 metri sul livello del mare.

Il valico divide la Valtiberina dalla valle del Metauro. Consta di una quindicina di chilometri saturi di tornanti come se non ci fosse un domani. Incontri poche auto e molte case cantoniere diroccate. Quella messa meglio ospitò Garibaldi il 27 luglio 1849. Quanto cazzo ha girato, Garibaldi: non stava fermo proprio mai.

A conferma di come le moto abbiano un’anima, Abi festeggia i suoi primi tremila chilometri in totale coincidenza – giuro – del valico di Bocca Serriola. Evidentemente, prima, aveva sbagliato apposta: per aggiungere i chilometri necessari. La strada ora discende e dall’Umbria stiamo per passare nelle Marche. Prima di Borgo Pace incontro Valdimonte e Corposano. Poco dopo spunta un semaforo: è il segnale del calvario mediamente indicibile. Per quasi dieci chilometri, soprattutto in prossimità di Lamoli, stanno rifacendo l’asfalto. Mi trovo così davanti un lastricato sommamente esecrabile di detriti, buche, asfalto fresco, operai eroicamente torturati dalla canicola (sia per voi lode) e camion che invadono allegramente entrambe le carreggiate (sia per voi meno lode). Quest’ultima è chiaramente una manovra di disturbo ordita da Nardella, ma non ci fermeranno. Ecco Borgo Pace. Devo girare a sinistra, non prima di avere pennellato con giustezza alcuni tornanti particolarmente graditi ad Abigail.

A Borgo Pace mi fermo nella piazza centrale. C’è una targa per chi cadde nel 1861 e un’altra per chi morì il 28 agosto 1944, quando di fatto Borgo Pace venne distrutta. Riparto, perché è il tempo del lisergico passo della Spugna. Tredici chilometri appesi sul nulla tra Borgo Pace e Sestino. Strada stretta, non c’è un’anima e – giusto al confine tra Marche e Toscana – il ritorno nella mia regione natia è sancito da tre chilometri di sterro. Sterro facile, e se lo dico io che ho una Harley Roadster e non una Enduro potete credermi.



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