Dark - La porta viola by Paola Barbato

Dark - La porta viola by Paola Barbato

autore:Paola Barbato [Barbato, Paola]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EDIZIONI PIEMME
pubblicato: 2023-09-19T12:00:00+00:00


SIMONE

La prima volta che Simone Lama fu dimenticato era un mercoledì. Lui il mercoledì aveva judo e di solito alla palestra lo accompagnava la mamma, alle quattro, e veniva il papà a riprenderlo, alle cinque.

Erano entrambi sempre molto di corsa, Simone veniva portato, preso, affidato, ritirato, parcheggiato come un pacco. Lui lasciava correre e non protestava mai, anche se qualche volta avrebbe voluto fare come i suoi amici con le loro famiglie: rallentare, fermarsi, passare del tempo insieme.

Quel pomeriggio, però, a causa di un osso di pollo rimasto dentro una Caesar salad, all’ora di pranzo suo padre si era rotto un dente e, subito dopo il lavoro, era dovuto correre dal dentista. Per strada aveva telefonato alla moglie, ma a causa del dente rotto parlava male, scambiando le “S” con le “F”.

«Non poffo paffare da Fimone. Ho chiamato la paleftra, ho detto che alla fine della lezione refta da baffo e ti aspetta.»

Quando la moglie aveva ricevuto la chiamata, era dal gommista per sostituire gli pneumatici estivi con quelli invernali. Anche a causa del baccano, era incappata in un equivoco. Il marito intendeva dire che Simone doveva restare “da basso”, all’ingresso della palestra, che era su due piani. Lei invece aveva capito che il figlio sarebbe restato “da Baffo”, che era il soprannome che a casa avevano dato all’allenatore di judo dotato di due bei mustacchi, trascorrendo con l’insegnante anche la lezione seguente, come era già successo in passato, quando entrambi erano stati troppo occupati per andarlo a prendere.

E così, mentre il padre era sdraiato sulla poltrona del dentista con l’anestesia e la mamma discuteva con il gommista perché voleva farle cambiare due gomme ancora buone, Simone si era vestito, era sceso nell’ingresso della palestra e aveva iniziato ad aspettare. Baffo, l’allenatore, aveva pensato che fosse tornato a casa, il padre era certo che fosse con la madre, la madre che fosse con Baffo.

Dalle 17.07 nessuno pensò più a lui, nessuno entrò dall’ingresso della palestra e nessuno uscì.

Simone fu dimenticato.

E lo seppe. Era un bambino in gamba, molto vitale, di norma avrebbe pensato che il padre avesse trovato traffico, ma non quel pomeriggio. Fermo davanti alle porte a vetri della palestra, per la prima volta Simone si sentì doppio: piccolo piccolo e solo solo. Rimase lì, a far penzolare la sacca di judo tra le gambe, osservando le luci del traffico e pensando che non sarebbe venuto nessuno, mai, mai più.

Fu una specie di istinto che lo fece voltare verso la porta degli spogliatoi, a mostrargli che era diventata viola. Non solo diversa dal solito nel colore, ma anche nella forma, perché la porta degli spogliatoi era una di quelle che scorrevano nel muro.

TOCTOCTOC fece la porta.

«Non vengo» sussurrò Simone.

TOCTOCTOC ripeté la porta.

Le lacrime salirono agli occhi del bambino. Forse la porta gli stava dicendo che quello era l’unico posto dove poteva andare? Che se lo avesse fatto non sarebbe importato a nessuno?

Si alzò e fece un passo. Poi dall’ingresso a vetri entrò una ragazza che faceva il corso di karate e gli chiese cosa ci facesse lì tutto solo.



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