Eileen by Ottessa Moshfegh

Eileen by Ottessa Moshfegh

autore:Ottessa Moshfegh [Moshfegh, Ottessa]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Literature & Fiction, Foreign Languages, Italian, Contemporary Fiction, Foreign Language Fiction
ISBN: 9788852078323
Amazon: B01MQX0SUP
editore: MONDADORI
pubblicato: 2017-01-16T23:00:00+00:00


Mercoledì

La porta di casa era chiusa a chiave. Dalla finestra vedevo mio padre che dormiva nella sua poltrona in cucina, con lo sportello del frigorifero spalancato. A volte lo lasciava aperto, quando il calore dei fornelli e del forno lo faceva sudare. E sui piedi di mio padre, scarpe. Tranne di domenica, quando veniva scortato da sua sorella in chiesa e ritorno, se mio padre aveva le scarpe voleva dire guai in vista. Non era violento, ma quando usciva faceva cose che il direttore di Moorehead avrebbe definito moralmente offensive – addormentarsi nel giardino di qualche vicino, spiegazzare cartoline all’emporio, buttare a terra un distributore di gomme da masticare. Le sue infrazioni più aggressive includevano pisciare nella buca della sabbia al parco giochi, gridare dietro le macchine su Main Street, tirare sassi ai cani. Ogni volta che usciva, la polizia lo trovava, lo ficcava in macchina e lo portava a casa. Tremavo al suono del campanello, quando vedevo un poliziotto di X-ville sul portico con mio padre ubriaco, che si tormentava il mento con lo sguardo cupo. Il poliziotto si toglieva il berretto quando andavo ad aprire, e parlava a bassa voce mentre mio padre si precipitava in casa in cerca di alcol. E se invece decideva di rimanere e partecipare alla conversazione, c’erano strette di mano e pacche sulle spalle, la finzione rispettosa di amore e lealtà. «Controllo di routine, signore» diceva l’agente. Se un poliziotto cercava di esprimere anche la più piccola preoccupazione, mio padre lo prendeva da parte e si lanciava in un monologo sui teppisti, la mafia, gli strani rumori in casa. Si lamentava di vari acciacchi, problemi al cuore, mal di schiena e di come io, sua figlia, lo trascuravo, lo trattavo male, ed ero solo interessata ai suoi soldi. «Qualcuno può dirle di ridarmi le mie scarpe, per favore? Non ha il diritto di farmi una cosa del genere!» E appena si girava verso di me, con le mani tremanti puntate al mio collo, l’agente annuiva, si voltava chiudendosi la porta alle spalle e se ne andava. Nessuno di loro aveva il fegato di sgonfiare le sue ossessioni – demoni e gangster, mafia e fantasmi. Avrebbero persino chiuso un occhio su un omicidio. “Il meglio dell’America”, i guardiani del mondo civile, quei poliziotti. Francamente, persino oggi non c’è nulla che temo più di un agente che bussa alla mia porta.

Quel mattino pigiai sul campanello a lungo, ma mio padre non si muoveva. Probabilmente aveva le chiavi nella tasca della vestaglia, o peggio, intorno al collo, come le tenevo io, come un cappio pronto all’uso, ora che ci penso. Certo, sarei potuta andare a piedi al lavoro, o fare l’autostop. Nessuno avrebbe notato com’ero vestita in ufficio. Non interessava a nessuno.

Andai dietro la casa e cercai di aprire la porta della cantina. Lo sforzo di chinarmi e tirarla mi fece venire di nuovo i conati. Non era una mattinata piacevole. Nulla è più fastidioso che svegliarsi con il sapore di vomito in bocca. Grattai a mani nude lo strato di ghiaccio vetroso che si era formato sul cumulo di neve e mi riempii la bocca.



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