Esploratori perduti by stefano mazzotti

Esploratori perduti by stefano mazzotti

autore:stefano mazzotti
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-10-18T16:00:00+00:00


All’inizio del 1875 Beccari decide di ritornare per la seconda volta in Nuova Guinea. Il 22 gennaio è diretto verso la costa nord-ovest, dopodiché scompare come fosse inghiottito da quell’isola dei misteri. Si saprà poi che in febbraio era arrivato a Sorong, da cui era partito per compiere esplorazioni tra indicibili difficoltà, clima inclemente, mezzi di trasporto inadeguati, malattie, popolazioni locali ostili, pirati e cacciatori di teste. Per spostarsi da una zona all’altra Beccari utilizza spesso malsicure imbarcazioni indigene; nella foresta procede a piedi, spesso senza neanche le calzature.

In giugno è a Dorei a preparare un’escursione sul monte Arfak, dove D’Albertis aveva già raccolto una notevole collezione zoologica che, però, era stata in parte acquisita dalla Royal Zoological Society di Londra. Beccari vuole che il museo di Genova possieda anch’esso una collezione prestigiosa. Nel folto delle foreste di questa montagna fa il suo primo incontro con strane costruzioni: sono piccole capanne di steli costruite in mezzo a uno spiazzo, che rivelano la presenza degli uccelli giardinieri. Beccari (1877) scriverà un’intera monografia su questi straordinari uccelli, i cui maschi erigono bizzarre strutture gareggiando con i rivali per attrarre le femmine e ottenere il massimo successo riproduttivo. Così introduce la sua descrizione: «Gli inglesi le hanno chiamate playbing o sporting places, halls, play houses, ma più specialmente Bowers, nome che io tradurrei in italiano in quello di pergolati, gallerie o capanne; Bower birds sono chiamati gli uccelli che costruiscono». Ecco come invece racconta il momento del primo avvistamento: «Proprio in prossimità del sentiero, mi trovai in presenza dell’opera più bella che ingegno di animale abbia mai saputo costruire. Era una capanna in mezzo a un praticello smaltato di fiori. Il tutto in miniatura. […] Mi contentai di esaminare superficialmente per il momento quella meraviglia e proibii severamente a’ miei cacciatori di scomporla».

Si trattava della costruzione dell’uccello giardiniere del Vogelkop (Amblyornis inornata), che Beccari descrive e riproduce nel dettaglio in bei disegni a colori che verranno inseriti a complemento dell’opera pubblicata sugli annali del museo genovese: «Ecco come sono fatti i giardini dell’Amblyornis inornata. Davanti alla capanna vi è una spianata, che occupa una superficie assai più grande della capanna: è un praticello di muschio soffice, tutto trasportato, tenuto pulito e libero da erba, da pietre o da altri oggetti che ne offenderebbero l’armonia. Su questo grazioso tappeto verde sono sparsi fiori e frutti a colori vivaci, in modo che l’insieme acquista l’apparenza di un elegante giardinetto. Il maggior numero di oggetti ornamentali svariati, e sempre di colore vivace, è riunito presso l’ingresso della capanna, poiché probabilmente il maschio depone a preferenza in quel punto i suoi omaggi quando viene in visita amorosa a corteggiare la femmina».

Dal monte Arfak e dalla Nuova Guinea Beccari deve fuggire in fretta e furia a causa dell’esplosione di una epidemia di beri-beri (malattia causata da carenza di vitamina B1 nella dieta), che attacca molti suoi uomini. Nonostante il pericolo, nel novembre del 1875, a ormai quattro anni dalla partenza dall’Italia, Beccari riprende il mare per la Papuasia



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